- Cambiamento Climatico
I cambiamenti climatici e le api
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Terza parte delle intervista-fiume al dottor Paolo Lassini Laureato in Scienze agrarie e Scienze forestali . Nella seconda parte il dottor Paolo Lassini ci ha parlato di agricoltura e ha raccontato come è entrato nel corpo forestale.Tra l’altro senza raccomandazioni. Poi ha terminato la sua carriera in regione ed ha iniziato una nuova avventura. Sentiamo questa nuova avventura.
R- Va bene e poi dopo in regione ho terminato la mia carriera come direttore generale. E allora ho cercato di mettere insieme i boschi con l’agricoltura e ho imparato un’altra cosa. Che la mia idea di fare i boschi in pianura era pericolosa. Perché? Cosa facciamo, buttiamo via un’agricoltura per mettere giù dei boschi che poi rischiano di essere abbandonati? Ok, che si riempiono di droga? Allora. Esiste sempre la soluzione. Il bosco si può fare dove c’è un ente pubblico che faccia un accompagnamento vivo al bosco. Lo stesso risultato si può ottenere ritornando alle siepi e ai filari (NDA – vedi precedente puntata) a ricostituire l’ambiente originario … in modo più razionale. Anziché farli con quella densità di una volta … anziché fare una siepe o dei filari troppo fissi basta fare una siepe di venti metri in modo che la macchina possa girare a fascia. E adesso si parla di fare strutture verdi che è la stessa cosa. Mentre si tratta di far sì che l’agricoltura sia sostenibile e che quindi abbia dentro dieci per cento di spazi naturali – di filari, aree umide, fontanili, dove c’è una ricchezza e il 90% sia un’agricoltura sostenibile. Con questo schema si potrebbe cambiare il paesaggio milanese. E non è un problema di soldi; è un problema solo di strategia di cultura. Perché gli agricoltori ricevano un mare di soldi dalla comunità europea, ma tanti ma tanti.
D- Anche i miei zii mi ricordo …avevano delle agevolazioni. Da loro la Dc prendeva voti.
R- Eh la Dc, la Coldiretti… era il serbatoio di voti. Adesso gli agricoltori sono molto ridotti, sono l’1-2% quindi contano molto meno.
D- Però leggo che c’è un filone di giovani che vogliono tornare all’agricoltura. Io però sono un po’ sospettoso. Non so se è una moda. Discorsi come ‘porto in campagna i miei amici e beviamo lo spumante!
R- E’ la stessa diffidenza che lei ha quando trova sulla strada degli agriturismi che vendono un mare di roba che non è prodotta da loro.
D- Certo comunque c’è questo filone ‘serio’. Io tra l’altro avevo conosciuto a un incontro del Politecnico un giovane che però poi si è ammalato. A lui avevo raccontato dei progetti che avevano un fondamento… creare dell’agricoltura avanzata.
R- Il fondamento sta nell’economia…
D Devono guadagnare.
R- Sì devono guadagnare ma devono essere nelle filiere, se no sono guai. L’attività agricola è un’attività imprenditoriale. Quindi non può basarsi su una moda, su un nome … e poi truffare la gente. Deve avere, ha le sue regole. Non può vendere fumo. Comunque questi distretti come quello della Franciacorta sono gestiti da agricoltori molto molto avanzati e il motivo di questo è che molto spesso non vengono dall’agricoltura. Come i produttori di vino in Franciacorta. La mentalità di fondo degli agricoltori è molto rigida. Dicono: ma se io ho sempre fatto così perché devo cambiare?
D – Anche mio nonno ha sempre fatto così. Mi fa venire in mente un personaggio di un film di Fellini (NDR – Amarcord) : mio nonno fava (faceva) i matoni, mio padre fava i matoni io faccio i matoni… ma cos’è che io non ho ancora una casa? Questo nel settore edile, non molto diverso da quello vinicolo…
R – Però l’agricoltore è diverso dagli altri imprenditori. La storia è questa.
D – Io mi ricordo che da piccolo durante le vacanze estive andavo a Broni, nell’Oltrepo’, lì i miei zii avevano delle vigne. In una che si trovava nella zona di Inviorate c’era una bella pianta di frutta. Un anno vengo e la pianta non c’è più. Chiedo a mio zio perché non c’era più: risposta non faceva più frutta e allora l’ho abbattuta. Io risposi: Faceva l’ombra…
R – Si perché c’era il discorso di produrre. L’idea è che se è albero non produce… allora via. Ecco però sta cambiando questa filosofia. Io ho cominciato con la montagna poi ho lavorato molto sui boschi di pianura. Siccome non c’era tradizione abbiamo dovuto imparare a fare i boschi in pianura. Non è così semplice
D-Immagino.
R -Proprio come tecnica eh. Non c’è la Storia pregressa. Mentre per i boschi in montagna c’era tutta la storia del fascismo dei boschi in montagna e delle specie che non andavano bene e dei pini che non c’entravano niente. Etc etc. Ma in pianura non c’era quella tradizione. Per cui pian piano, con l’università abbiamo dovuto inventare delle soluzioni.
D-Magari siete andati all’estero…
R Esattamente, siamo andati all’estero, in Francia in Inghilterra… dove avevano già cominciato nelle campagne. Ma la parola bosco è sbagliata, loro disegnano il paesaggio. Quindi per darle un’idea: in Inghilterra ma anche in Olanda prendevano le aree derelitte … come fossero la discarica di Porto di Mare.
(NDR – località periferica milanese) La riprogettavano ma avevano il coraggio di fare realmente l’80% di bosco e il 20% per metà residenza e per metà di industria. Ma il bosco non era Citylife. Quindi lei vedeva il bosco e dentro il grattacielo: ma UNO. A Citylife c’è una volumetria pazzesca ma, se si considera la volumetria che esiste, il verde che c’è è microscopico: è bello passeggiare, è meraviglioso ma da un punto di vista ecologico…
D- Ci sono andato a Citylife qualche giorno fa. Adesso c’è una specie di spiaggia con lettini.
R -Sì ci sono andato anch’io. E’ un bar. E’ bello quell’ambiente. Lì vicino ci sono gli orti… Orti falsi. Sono bellissimi ma non servono a produrre. Dovevano farli. Va bene. In Inghilterra, Francia e in Olanda fanno questo ridisegno ma da noi si dice: se un’area deve essere naturale si fa il bosco e basta. Invece là hanno il coraggio. E poi rimane vivo. Se fa un 80% di bosco e dentro ci mette un grattacielo la sede di una multinazionale … quello che vuole … anche un albergo di lusso, l’area rimane viva perché lei ha dentro due-tre mila persone che ci vivono. Ci metta anche un centro commerciale. Arriviamo a un 10% occupato da costruzioni . Ecco loro hanno il coraggio di fare questa operazione. A mio parere noi non abbiamo il coraggio di fare così. Da noi o hai Citylife oppure fai l’area naturalistica … C’è questa mentalità che è molto urbano centrica. Ecco ci siamo occupati di questo. Alla fine della Fiera con i colleghi siamo riusciti a fare nel milanese tremila ettari di bosco. Nella pianura lombarda un nuovo bosco di cui mille ettari nella città di Milano. E tutto questo, l’esperienza più bella che io ho fatto… non l’abbiamo fatta in esecuzione di una legge. Prima abbiamo creato i presupposti dialogando con le province; quando abbiamo avuto i progetti abbiamo cercato i fondi. E quando l’operazione era completamente partita abbiamo fatto la legge.
D- Un po’ come mi ha raccontato prima per Bresso. (continua)
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