Chi ha paura del bosco?

chi ha paura del bosco

Chi ha paura del bosco? Le mamme  e, soprattutto, i papà ansiosi,  ad esempio.

Catherine e Philippe erano due bambini di 6 e 9 anni. Il padre piemontese e la mamma savoiarda.

Dalla provincia di Aosta passavano l’estate con la nonna, a Ponnay, in una casa al limite del bosco, non lontano dal lago di Annecy. La nonna raccontava tante storie del lago, del bosco, della montagna, che avevano acceso la fantasia dei due bambini…

Dopo pranzo la nonna riposava e i bambini giocavano in giardino. Era un pomeriggio che sembrava più lungo del solito.

La curiosità per le avventure della nonna spinsero i ragazzi a inoltrarsi nel bosco, nonostante il divieto del padre.
Erano affascinati dai colori e dai raggi di luce tra gli alberi. Catherine aveva raccolto molte piume di uccelli, Philippe sassi, rametti, ghiande e foglie, ma c’era sempre una cosa in più da guardare, da toccare, da annusare. Il tramonto li colse lontano e non riuscirono a trovare la strada per tornare a casa.

La nonna, preoccupata, aveva chiamato i vicini, che cominciarono a cercare i ragazzi.
Era la notte di San Giovanni, la più breve dell’anno.

Una notte magica nel bosco

La nonna raccontava che era una notte magica. Avrebbero raccolto l’iperico, il rosmarino, la mentuccia, la malva, la nepitella e tutti i fiori del bosco per metterli nell’acqua. Alla prima rugiada del mattino si sarebbero lavati il viso con quell’acqua miracolosa, che avrebbe portato via ogni male. E loro questo volevano fare, cercare erbe e fiori per preparare il potente elisir di cui aveva narrato la nonna.

Dopo aver tanto camminato Catherine disse a Philippe che era stanca. Si stesero su un manto di morbide foglie, riparati dai rami di un cerro imponente. Di tanto in tanto il silenzio veniva interrotto dal verso di qualche barbagianni, gufo o civetta.
Per i bambini sembrava quasi normale, come stare in uno dei racconti che avevano ascoltato tante volte.
La luna era quasi tramontata e le stelle si intravedevano tra i rami, le lucciole punteggiavano il buio della notte, in una scena da fiaba. I bambini si sentivano protetti.

Il chiarore venne presto da dietro le montagne. La notte non era stata fredda, ma erano affamati e Catherine era un po’ delusa, si lamentò con Philippe perché non aveva visto neanche un folletto, una principessa, o una strega. La favola che stava vivendo le sembrava incompleta, ma era entusiasta per lo spettacolo delle lucciole e per aver finalmente dormito su un letto di foglie.
All’alba la foresta si rianimò dei canti degli uccelli.

I bambini si misero in cammino, cercarono qualcosa da mangiare, ma non trovarono neanche una fragola. Nel fitto del bosco non si scorgeva nulla, nessun sentiero. Solo il fresco del mattino, il caldo umido del muschio sulla corteccia degli alberi, la fragranza penetrante del respiro del bosco. Un profumo che dava gioia.

Un viaggio in elicottero

Scesero da un dolce pendio pieno di fiori mai visti prima e sentirono delle voci in lontananza. Qualcuno li stava cercando. Erano due ragazzi che gridavano i loro nomi.

I bambini corsero, si abbracciarono. Un po’ d’acqua e qualche parola affettuosa.

Arrivò un elicottero, i bambini salirono e a un tratto non avevano più fame, la cosa più straordinaria fu volare sul lago. Il pilota si accorse della loro meraviglia e fece un giro lungo, dando loro il tempo di vedere dall’alto quello splendore.
Atterrarono ad Annecy.

La mamma li abbracciò, il padre piangeva. Per la commozione certo, ma anche perché sapeva che, forse, il divieto che aveva sempre imposto ai figli di non entrare per nessun motivo nel bosco era stato il motivo della loro curiosità. L’educazione è esempio e conoscenza, non divieti.
Ora lo aveva capito.
Stavano per tornare a casa, la nonna rinfrescò i loro visi con l’acqua di rugiada e disse che – avec plaisir – sarebbe tornata a piedi con i ragazzi, passando dal bosco. Disse che avrebbe fatto prima. Non era vero, ma il padre annuì.