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Tutti i fiumi vanno al mare?
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La COP16 – Conferenza delle Parti – sulla biodiversità, che si terrà a Cali, Colombia, dal 21 ottobre al 1° novembre 2024, rappresenta uno snodo fondamentale e cruciale nella lotta contro la crisi globale della biodiversità. Questo evento si concentrerà sulla necessità di implementare misure concrete per proteggere e ripristinare la biodiversità, in linea con il Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (GBF), approvato durante la COP15 nel 2022. COP16 viene infatti definita la “COP dell’implementazione”, poiché la sua attenzione principale sarà rivolta a monitorare i progressi fatti e a spingere per un’accelerazione delle azioni globali.
La biodiversità, ossia la varietà della vita sulla Terra, è essenziale per il benessere umano e per il funzionamento degli ecosistemi. Gli ecosistemi “sani” garantiscono servizi fondamentali come la regolazione del clima, la protezione delle risorse idriche, la fertilità del suolo e la sicurezza alimentare. La perdita di biodiversità mette a rischio queste funzioni vitali, compromettendo la resilienza degli ecosistemi e, di conseguenza, la stabilità delle economie globali. Secondo il Global Risks Report 2024 del World Economic Forum, la perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi rappresentano la terza minaccia più grave nei prossimi dieci anni.
Le attività antropiche, come la deforestazione, l’espansione agricola e l’urbanizzazione incontrollata, sono le principali cause di questa crisi. La distruzione degli habitat naturali, il sovrasfruttamento delle risorse e l’inquinamento stanno portando a una rapida estinzione delle specie, con circa un milione di specie a rischio. Tuttavia, la varietà degli ecosistemi non è solo una questione ambientale, ma anche economica: più della metà del PIL mondiale dipende direttamente o indirettamente dai servizi ecosistemici.
Un tema centrale a COP16 sarà il coinvolgimento del settore privato nella salvaguardia della biodiversità; le aziende hanno un impatto significativo sulla natura attraverso le loro attività produttive e le catene di approvvigionamento. Tuttavia, studi recenti mostrano che la maggior parte delle aziende è ancora nelle fasi iniziali della gestione dei rischi legati alla biodiversità. Secondo le valutazioni del Biodiversity and Natural Capital Stewardship Program di Sustainalytics, solo 26 delle 50 aziende coinvolte hanno una supervisione a livello di Consiglio di amministrazione in materia di biodiversità, e solo 21 hanno sviluppato una strategia concreta per affrontare i rischi connessi.
Il settore privato, soprattutto quello finanziario, è chiamato a svolgere un ruolo chiave. Il settore finanziario ha già iniziato a mostrare segni di un certo impegno. Ad esempio, più di 400 aziende si sono distinte nel seguire le raccomandazioni del Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD), un quadro che aiuta le imprese a valutare e divulgare i loro rischi legati alla natura. Non solo, l’iniziativa Science-Based Targets Network (SBTN) fornisce alle imprese una guida su come stabilire obiettivi basati sulla scienza per ridurre il proprio impatto negativo sulla natura. Tuttavia, per raggiungere risultati concreti, è necessaria una sinergia più stretta tra pubblico e privato, in particolare nel fornire incentivi e regolamenti chiari.
Il nodo della questione è anche di natura economica: si stima che siano necessari investimenti compresi tra 722 e 967 miliardi di dollari all’anno per fermare e invertire la perdita di biodiversità. Tuttavia, attualmente solo il 17% degli investimenti necessari è effettivamente stanziato. Parte del dibattito di COP16 si concentrerà proprio sulla mobilitazione delle risorse finanziarie e sull’adozione di misure per eliminare i sussidi dannosi per l’ambiente che, attualmente, superano i 500 miliardi di dollari all’anno.
L’Unione Europea, da parte sua, ha già intrapreso passi importanti in questa direzione proprio con la Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), che obbliga le aziende a rendicontare il loro impatto sulla biodiversità, e con la tassonomia UE per la finanza sostenibile. La biodiversità è stata inclusa nella tassonomia come il sesto obiettivo ambientale, insieme a questioni come la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Questa normativa, in vigore dal 2024, rappresenta un importante passo avanti verso una maggiore trasparenza e responsabilità da parte delle aziende, richiedendo loro di identificare, valutare e mitigare i rischi legati alla natura.
Nonostante i progressi fatti, il tempo per evitare danni irreversibili si sta esaurendo. Gli obiettivi del Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework, che puntano a proteggere almeno il 30% delle terre e dei mari entro il 2030 e a ridurre del 50% i nutrienti in eccesso, richiedono un’accelerazione delle azioni sia a livello di governo che di imprese.
La COP16 offrirà quindi l’opportunità di spingere per una collaborazione e una sinergia sempre più strette tra pubblico e privato, puntando a modelli economici sostenibili che siano compatibili con la salvaguardia della natura. I governi saranno chiamati ad adottare piani d’azione nazionali più ambiziosi, mentre le imprese dovranno integrare la biodiversità nelle loro strategie aziendali e nelle decisioni finanziarie. Solo così sarà possibile garantire un futuro in cui l’uomo possa convivere in armonia con la natura.
La COP16, pertanto, rappresenta un momento decisivo per l’implementazione di politiche e pratiche che possano fermare la perdita di biodiversità e proteggere il pianeta per le generazioni future. Sarà fondamentale che tutti gli attori coinvolti, dai governi alle aziende, assumano un impegno concreto per invertire questa tendenza e costruire un futuro più sostenibile.
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