- Cambiamento Climatico
I cambiamenti climatici e le api
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I crediti di carbonio sono uno degli strumenti per contrastare il riscaldamento globale, ma cosa sono esattamente e come si calcolano?
La fotosintesi trasforma il biossido di carbonio (CO2) in sostanza organica, con liberazione di ossigeno, mentre il processo “inverso” sono le combustioni che liberano in atmosfera la CO2.
La CO2 è uno dei principali gas serra. L’aumento delle immissioni di CO2 (e di altri cinque gas serra) da parte delle attività umane negli ultimi secoli è ritenuto responsabile del riscaldamento globale.
La consapevolezza di questa problematica ha portato al trattato internazionale noto come Protocollo di Kyoto, in cui i paesi aderenti si impegnano a una riduzione delle emissioni di tutti i gas serra.
Il Protocollo prevede anche la possibilità di acquisire misure compensative realizzate con progetti di riduzione di emissioni, nuova forestazione e la conservazione dei boschi esistenti.
Il gas serra più abbondante in atmosfera è la CO2 che è stato scelto come unità di misura delle emissioni di tutti i gas serra: una tonnellata di biossido di carbonio equivalente (CO2 eq.) da cui deriva il termine “credito di carbonio”.
Chi emette gas serra ha un “debito”, mentre chi crea boschi o evita tagli e deforestazione genera i “crediti di carbonio”. Lo scambio che ne deriva è la compensazione delle emissioni che contribuisce al raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto.
Il credito di carbonio si genera tutte le volte che la CO2 viene assorbita. Il metodo più naturale di assorbimento della CO2 è la fotosintesi.
Per rendere più chiaro il processo e il calcolo dei crediti, esemplifichiamo: partiamo da un terreno privo di vegetazione; quindi seminiamo una ghianda.
Nascerà un nuovo albero di quercia che, tramite la fotosintesi, assorbirà la CO2 dall’atmosfera e lo trasformerà in sostanza organica nei propri tessuti.
Il carbonio è quindi immobilizzato nelle radici, nelle foglie e nel legno del fusto (rami compresi).
Per il fusto esistono metodi di misura standardizzati dell’assorbimento della CO2, mentre radici e foglie generalmente vengono trascurati.
Tuttavia, le radici hanno una struttura del tutto simile al legno del fusto, e hanno una massa che viene valutata in circa il 30% di quella del fusto.
La nostra quercia ha foglie caduche, che pertanto vengono sostituite ogni anno. Quindi, in prima approssimazione, il loro contributo all’assorbimento del carbonio è nullo.
Tuttavia, le foglie cadono sul nostro terreno nudo e vanno a costituire la lettiera.
Questa, lentamente, si trasforma in humus, che è formato da molecole organiche molto stabili e in grado di immagazzinare il carbonio per tempi molto lunghi.
Nel complesso, si stima che nel fusto degli alberi è immagazzinato solamente il 50-70% del carbonio dei nostri boschi (suolo compreso).
Pertanto di prassi si calcola la CO2 assorbita tramite la semplice misura del diametro del fusto e dell’altezza della nostra quercia, trascurando quello presente nelle radici e nel suolo.
Tuttavia, poiché il vero problema sono le emissioni di gas serra, l’attenzione al carbonio presente nel suolo dovrebbe essere maggiore di quanto non sia attualmente.
Pertanto, uno dei metodi per generare crediti di carbonio è la piantumazione di alberi, cui si può affiancare la salvaguardia di boschi esistenti dai tagli boschivi.
Il taglio di un bosco e il conseguente impiego come legna da ardere, comporta delle emissioni, per cui all’opposto, il mancato taglio genera dei crediti di carbonio. Questo metodo dà risultati analoghi alla piantumazione degli alberi
In conclusione, sebbene la piantumazione di “nuovi boschi” possa essere di maggiore effetto il mercato dei crediti di carbonio rappresenta attualmente forse l’unico strumento per compensare economicamente i servizi ecosistemici resi dai boschi esistenti. E’ necessario ricordare che la conservazione dei boschi ha un ruolo strategico nella conservazione della biodiversità e del capitale naturale.
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