La fantastica plastica (IV)

Riprendiamo il nostro discorso sulla plastica diciamo così ‘buona’ rifacendoci ancora all’articolo di Yunquig Zhu, Charles Romain & Charlotte K. Williams ‘Polimeri sostenibili da risorse rinnovabili’ (Sustainable polymers from renewable resorces’). E arriviamo a un punto clou. Gli autori del pezzo rilevano che il potenziale sviluppo per i polimeri sostenibili è stimolato dalla politica, dalla legislazione e dagli accordi internazionali. Questo fatto include alcuni negoziati alla conferenza sul Climate Change delle Nazioni Unite del 2015 (COP21) a Parigi riguardo alla riduzione delle emissioni di CO2.  Sebbene l’applicazione commerciale dei polimeri bioderivati possa trarre beneficio dal miglioramento delle performance ambientali (come pure dalle politiche di supporto o dalla legislazione) questa richiederà anche politiche economiche favorevoli e proprietà intrinseche dei materiali che risultino migliori di quelle che si riscontrano nei materiali convenzionali. Ciò include: la resistenza termica, quella meccanica, la processabilità e la compatibilità. Presi tutti assieme questi sono dei criteri severi che possono spiegare, in parte,  perché sono pochi al momento i polimeri sostenibili commercialmente di successo. Nel 2014 per esempio su più di 300 megatonnellate di polimeri prodotti complessivamente solo 1,7 megatonnellate erano bioderivati. Di questa limitata porzione i tre principali prodotti per volume erano il polietilene tereflato (PET), il polietilene e il polilattide. Passiamo adesso a un altro punto: per preparare i polimeri ci sono due approcci generali. Il primo consiste nel diminuire l’impianto ambientale delle produzioni convenzionali per esempio tramite l’uso delle biomasse per far conoscere monomeri e polimeri quali il PET e il polietilene. Il  secondo consiste nella preparazione di nuove strutture ‘sostenibili’ quali il polilattide da materiali rinnovabili di base. Approfondiremo il discorso in un prossimo post.