- Cambiamento Climatico
I cambiamenti climatici e le api
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Abbiamo avuto modo di leggere e analizzare un lungo ma interessante articolo apparso su Nature. Un pezzo dal titolo ‘Chemists can help to solve the air-pollution health crisis’ e cioè i chimici possono aiutare a risolvere la crisi salutistica legata all’inquinamento dell’aria. Gli autori sono Jos Lelieveld and Ulrich Pöschl.
Vediamo cosa sostengono. Secondo loro imparare di più su come gli inquinanti entrano nel nostro corpo e lo danneggiano potrebbe ridurre le malattie e le morti correlate. Già il pezzo si apre con una foto drammatica di un bambino in Jharkhand, India orientale. Il piccolo è manifestamente sofferente perché respira aria che è fortemente inquinata dal fumo emesso dalle fiamme di una miniera di carbone. Si intuisce che il minorenne non avrà un’infanzia facile. E del resto la scadente qualità dell’aria è uno dei cinque principali rischi mondiali per la salute. Gli altri sono: l’altra pressione, fumare il tabacco, il diabete e l’obesità (essere sovrappeso). Nel 2015 l’aria inquinata ha contribuito a quasi l’8% di tutte le morti nel mondo. Infatti l’esposizione a lungo termine all’aria inquinata è stata collegata alle infezioni nella respirazione, alle malattie dovute alle croniche ostruzioni polmonari, all’infarto, ictus, attacchi di cuore e cancro. Con un’espressione suggestiva l’aria inquinata è chiamata legittimamente ‘fumo passivo all’esterno’. Ne deriva che inquinanti presenti nell’aria come ossido d’azoto (NO e NO2), ozono (O3) e particolati devono essere controllati in città e altre regioni contaminate. Materie di particolato sottile cioè con un diametro di meno di 2,5 micrometri (NDR – un micrometro equivale a 0,001 millimetri) (PM 2,5) sono il principale rischio dato che questo è abbastanza piccolo per penetrare profondamente nelle vie di respirazione e nei polmoni. Più del 90% della popolazione del mondo – circa 7 miliardi di persone – è esposto all’inquinamento esterno sopra il limite indicativo medio di dieci microgrammi di PM2,5 lungo un anno, limite stabilito dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Proseguiamo il discorso nel prossimo numero di Phoresta.
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