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Più giardini per una città migliore
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“Questo è Internet!”, Massimo Di Felice (antropologo, professore dell’università di San Paolo del Brasile, un italiano che insegna lì, dove vive per la maggior parte dell’anno, quando non torna per le ferie in Italia) fa vedere come funziona il web ai capi dei gruppi indios che vivono all’interno della foresta amazzonica. Dubbiosi, incuriositi, attratti, ma non strabiliati, anzi! Uno dei capi dice che è proprio quello che loro fanno da sempre. Sono connessi, sono tutti connessi con il mondo in maniera sciamanica, tra loro, con le piante, gli animali; parlano con le acque, riconoscono gli odori, capiscono i suoni e sanno in anticipo come sarà il tempo… Ad essere strabiliato è Massimo e il suo piccolo team di esperti di reti, connessioni digitali e intelligenza artificiale.
Parlano, discutono accanitamente del problema principale che li riguarda: la foresta, soprattutto quella amazzonica, sta scomparendo sotto i loro occhi. Grandi incendi riducono in cenere gli alberi, oppure vengono abbattuti e portati via con bulldozer e camion. Nei nuovi spazi vengono realizzati allevamenti, in genere animali da carne per il mercato internazionale.
Entro pochi decenni la foresta sarà ridotta a una savana: niente più alberi, al massimo arbusti.
Dopo che gli indios hanno combattuto per anni tutto questo quasi da soli e a mani nude, ecco l’idea. Massimo Di Felice, mette a punto cosa fare: connettere gli alberi con un microchip. Su tutti i grandi patriarchi viene installato in alto, in posizione nascosta e non agevole da manomettere. Se qualcuno cerca di abbattere l’albero, anche se solo ci sono vibrazioni, i telefoni cellulari diramano un avviso a tutti gli abitanti delle varie tribù, sanno che cosa sta per accadere e arrivano in massa.
Abbattere gli alberi in questo modo è assai più difficile.
Ma l’uso del cellulare, che nei villaggi si è diffuso a macchia d’olio negli ultimi quattro anni, ha fatto fare un salto alle comunità, che ora possono vendere i loro prodotti direttamente, senza intermediari, a un pubblico globale, senza spostarsi individualmente dalla foresta, magari per arrivare a un mercatino lontano dopo uno o due giorni di cammino.
La rivoluzione digitale ha prodotto un cambiamento delle condizioni di vita, dei rapporti sociali e della tutela ambientale. Le multinazionali che spadroneggiano ora hanno un freno e la connessione totale degli indios ha migliorato ancora il loro rapporto con l’ambiente e ha rafforzato il loro senso sociale, la loro identità, la loro sopravvivenza.
Il posto più connesso al mondo è Singapore, ma l’Amazzonia viene subito dopo!
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