Studio Ratti: la campagna ritorna in città

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Intervistiamo Saverio Panata Project Manager at Carlo Ratti Associati. Ricordiamo che lo Studio Ratti è uno dei più importanti studi di progettazione internazionali. Ma lasciamo subito la parola a Saverio Panata.

D-Prima di tutto le chiediamo una breve descrizione della vostra  attività anche internazionale
R- Carlo Ratti Associati è uno studio di progettazione con sedi a Torino e a New York. Nel nostro lavoro ci occupiamo di sviluppare progetti in campi molto diversi: dal product design all’architettura fino alla pianificazione e alla scala urbana. Quello che unisce questi ambiti è il nostro interesse nell’innovazione: puntiamo a fare “innovation in design”, usando le tecnologie digitali e al contempo immaginando un’architettura più sostenibile e capace di rispondere ai bisogni di chi la abita.

D-Bene. A che punto è l’ecodesign nel mondo e in Italia?
R- Crediamo ci siano segnali incoraggianti! Nel mondo del progetto sta avvenendo un cambio di prospettiva importante. Se nel ventesimo secolo l’idea dominante è stata quella di portare la città in mezzo alla campagna – con modelli come la “Garden city” di Ebenezer Howard o la “Broadacre City” di Frank Lloyd Wright – oggi, all’inizio di un altro ciclo di urbanizzazione, potrebbero affacciarsi soluzioni diverse. Non più la città che conquista la campagna, come nel secolo passato, ma la campagna che ritorna in città. Grazie alle nuove tecnologie, infatti, oggi possiamo portare il verde dove prima non c’era. Anche questa è una delle sfide del design sostenibile di domani.

D-Secondo lei in Europa le direttive sulla economia circolare che effetto potranno avere sullo sviluppo dell’ecodesign?
R-La sensibilità verso le questioni dell’economia circolare è in crescita. E’ positivo che ci sia supporto di tutti gli attori coinvolti: imprese, società civile, centri di ricerca e istituzioni.

D-Quali problemi riscontrate oggi nel settore?
R-Più che problemi, parleremmo di una sfida. Credo che oggi più che mai architetti e designer siano di fronte a una scelta fondamentale. Quella che con le parole del grande progettista e inventore americano Richard Buckminster Fuller potremmo definire “Utopia or Oblivion”: utopia o oblio. Oblio, nel caso non saremo capaci di misurarci con le grandi mutazioni in atto – sostenibilità, cambiamento climatico, uso delle nuove tecnologie. Ma utopia, nel caso riusciremo a diventare artefici della trasformazione del “mondo dell’artificiale” – a partire dalle nostre città.

D-Quali obiettivi vi ponete per il futuro?
R-Al Fuorisalone di Milano abbiamo appena presentato ‘The Circular Garden’. Un progetto sviluppato con Eni, per il quale abbiamo sperimentato l’uso di un materiale costruttivo sperimentale: il micelio, ovvero la radice fibrosa dei funghi. Abbiamo fatto crescere in laboratorio 60 grandi strutture ad arco, composte di micelio e quindi del tutto organiche, che hanno preso posto nell’Orto Botanico di Brera come altrettante architetture naturali. Alla fine dell’installazione, queste strutture in micelio nate dalla terra saranno completamente distrutte e riutilizzate come fertilizzante, tornando quindi alla terra in modo circolare. Uno degli obiettivi di questo progetto è mostrare in che modo i principi dell’economia circolare si possono applicare al design.

Ringraziamo Saverio Panata per le preziose informazioni. Abbiamo visto The Circular Garden al Fuorisalone di Milano qualche settimana fa e possiamo confermare che si tratta di un progetto affascinante. Chi l’avrebbe detto che i funghi potevano diventare un materiale costruttivo? Noi li abbiamo sempre relegati in cucina… ma le vie della Circular Economy sono, evidentemente,  infinite.