I sussidi dannosi per l’ambiente: una situazione drogata

di Carlo Coluccio

I sussidi dannosi per l’ambiente, quelli che acutizzano la contrapposizione tra economia ed ecologia, in Italia non riescono a essere eliminati o ridotti. Tra i paesi UE solo l’Italia pubblica la lista dei sussidi dannosi all’ambiente, senza però definire un calendario per eliminarli.
Nel 2016 in Giappone i paesi del G7 si impegnarono a eliminare i sussidi alle energie fossili entro il 2025.

Nel 2018 l’impegno si è tradotto in legge europea con il regolamento sull’Unione della Energia.
Allo stesso Frans Timmermans responsabile per il clima, ammette che non sono stati abbastanza espliciti nel condannare i sussidi alle energie fossili e che gli obiettivi climatici della UE non sono raggiungibili senza abolire le promozioni al consumo di combustibili fossili.

Stiamo parlando di retaggi del passato, per cui intere nazioni regalano miliardi a imprese, compagnie petrolifere e di trasporti, per continuare a usare e produrre energia da combustibili fossili invece che incentivarle a investire per
energie rinnovabili.
L’Italia regala alle imprese inquinanti 19,3 Miliardi di Euro ogni anno, più di quanto versa al bilancio europeo (15 Miliardi di Euro), ed è al terzo posto per volume di sussidi rispetto al PIL, dopo Germania, UK e prima della Francia. Dal catalogo dei sussidi del Ministero dell’Ambiente, emerge poi che i sussidi dannosi, 19,3 miliardi di euro, compresi quelli per usare concimi e disinfestanti chimici in agricoltura,
superano quelli che fanno bene all’ambiente, 15 miliardi di euro.

Alcuni dei sussidi dannosi: un elenco sintetico

In pratica abbiamo fino ad oggi finanziato le attività che inquinano di più perché lo facessero con la giusta convenienza economica.

Una situazione drogata

La situazione è talmente drogata che lo stesso Presidente della Commissione Ambiente dell’Europarlamento afferma quanto sia difficile rimuovere tali sussidi. Come mostrato dalle recenti proteste dei gilet gialli in Francia. Occorrerebbe una soluzione concordata in Europa con tariffe uguali per tutti i paesi; ad esempio è prevista da una direttiva del 2003 la tassa comune per l’energia (ETD), mai approvata perché occorre la unanimità necessaria. E molti paesi non la vogliono.
Unica via d’uscita potrebbe essere la definizione di rigorosi standard e scadenze europee per le rinnovabili, che costringerebbe gli stati a investire nelle iniziative verdi ed eliminare i sussidi.
E in Italia?
In Italia la Commissione per la Transizione ecologica (Ministeri Tesoro, Ambiente, Agricoltura e Sviluppo) istituita dalla manovra 2020, sta provando a individuare strategie per modificare le accise di diesel e benzina, alzando le prime, abbassando le seconde o entrambi.

Per ottobre si avrà una proposta, ma visti gli enormi interessi in gioco alle Camere sarà battaglia dall’esito incerto. Nonostante le promesse della vice Ministro all’Economia di eliminare i sussidi dannosi.

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