C’è qualcosa di nuovo oggi nell’aria.L’aria.

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Intervistiamo Betta Maggio amministratore unico di U-earth, un’azienda che produce biotecnologie per la decontaminazione dell’aria. Esattamente biotech ambientali. Ma lasciamo spiegare cosa fa U-earth direttamente dalla Maggio.

R-Allora U-earth è la prima azienda biotech al mondo a occuparsi di purificazione dell’aria in ambito professionale. E’ leader di mercato della purificazione biologica attraverso brevetti e tecnologie proprietarie esclusive scaturite da 30 anni di ricerca scientifica in Italia. In sostanza il sistema U-earth per la purificazione dell’aria : (1) rileva l’inquinamento attraverso un sistema di monitoraggio esclusivo. (2) lo attrae per carica elettrica molecolare verso dei purificatori di aria di ultima generazione.  (3) I contaminanti vengono distrutti grazie ad una formula proprietaria formata da un insieme di microorganismi aggiunti periodicamente nei bireattori che si nutrono di inquinamento.

D- Bene, ci hai spiegato schematicamente come opera il sistema U-earth. Adesso andiamo nei dettagli. Intanto: perché la tua azienda  si differenzia  dalle biotech medicali.

R – Spieghiamo. Le biotech medicali sono quelle  che prendono centinaia di milioni per  gli studi di laboratorio perché magari tra dieci anni trovano la cura di malattie incurabili. Le biotech ambientali non vengono considerate assolutamente – sono figlie di un Dio minore rispetto alle biotech. Ma non sono  neanche delle start up digitali tipo l’app per aiutare la mamma ad andare a prendere il bambino a scuola o il drone che ti porta la posta… Quindi ci troviamo in quella terra di mezzo che nessuno comprende perché siamo veramente un ibrido; eh sì, abbiamo dovuto rimboccarci le maniche.

D- Spiegaci bene il vostro percorso…

R- Abbiamo dovuto trovare una soluzione validata così siamo andati negli Stati Uniti,  siamo tornati qui con un secchio e una pompa a ventola con dentro un fanghetto. Mio zio diceva:  La gente ha problemi e la comprano subito. Non è vero: ci vogliono  normative,  validazioni … e agganci e cose varie… uno la vuole verde, uno la vuole rossa,  uno la vuole blu… certificata per un aspetto. L’altra per un altro… capire qual era il mercato,  quali erano i problemi da risolvere… stabilire le soluzioni.. fare cinque modelli differenti,  trovare i produttori… convincere  l’Asl…   assicurarci che funzionasse …   arrivare a una soluzione imbattibile, rispondere  alle obiezioni del mercato …  (qui Betta ha quasi il fiatone). Poi  finalmente ci siamo trovati con la soluzione in mano! Insomma  non avevamo fatto il percorso delle start up classiche  … sì ho un’idea,  mi date i soldi in famiglia ?… sì eccoli qua … Poi trovo un investitore che ci mette i soldini per andare avanti … Abbiamo fatto tutto da soli … Con un team straordinario di persone che si sono dedicate nell’investimento credendo nel progetto. In questo abbiamo avuto fortuna .

D-  Potreste essere un esempio per le start up che stanno per partire: sai quante falliscono…

R – Forse sì. Quando finalmente abbiamo tirato fuori la testa – eravamo tutte donne, tra l’altro – eccoci qui – finalmente forti per poter rispondere a qualunque obiezione.

D-Una domanda che mi è venuta prepotente. Parlavate di terra di mezzo però a me risulta che sul problema dell’inquinamento atmosferico  molta gente si è preoccupata. Per esempio a Milano c’è stata un’iniziativa per ridurre il passaggio dei camion dei TIR. Quindi sono andato a intervistare una signora (Stefania Aleni  direttrice di Quattro) e loro hanno fatto una regolamentazione per cui i TIR che hanno  un certo scappamento… li bloccano. (Nome del progetto: LEZ cioè Low Emission Zone).

R- Ormai la sensibilità c’è.

D-Quindi per l’inquinamento atmosferico c’è un minimo di sensibilità.

R- Adesso sì, otto anni fa quando abbiamo cominciato noi eravamo dei pazzi.  Parlavamo di inquinamento e ci guardavano di traverso e ancora oggi la gente pensa che quando si parla di inquinamento si parli di outdoor  quando in realtà è molto più inquinata l’aria dentro (negli edifici).  Quindi ancora adesso è una novità. Occorre convincerli che l’inquinamento privato è ancora più diffuso e pericoloso.

D-Vale a dire?

R- Noi che misuriamo i livelli di inquinamento, quelli veri, sappiamo che dentro (casa o ufficio) l’aria è inquinata.   Fuori no, è quasi pulita.  E infatti si apre la finestra per far cambiare l’aria. Quando abbiamo dei picchi di inquinamento  ci sono gli avvisi delle APP che dicono: stai a casa. Eppure tu vedi il sole e ti fai una passeggiata, non te ne accorgi. Però quello è niente rispetto all’inquinamento che tu hai dentro. In casa hai: detersivi , disinfettanti ,  vernici,  la CO2, la formaldeide dei mobili,  l’inquinamento nostro, gli acari,  la moquette… Ce n’è un quantitativo pazzesco. Il problema è fare tanta comunicazione sul  problema che adesso sta venendo fuori sempre di più perché stanno cominciando a parlarne:  Deo Gratias!.  Questa è l’unica strada. Però se noi dobbiamo evangelizzare l’utente finale rispetto all’esigenza di doversi proteggere possiamo diventare vecchi e smettere domani. Per fortuna i media ci stanno dando una mano.

D- Sì, stamattina mi stavo documentando sul web su di voi e avrei potuto passare tutta la mattina davanti allo schermo. Un sacco di post: il premio, le dichiarazioni, interviste  etc.

R- C’è tantissimo grazie a Dio. Adesso però  dobbiamo tirare fuori la testa. Wow.  I premi (Gammadonna e altri) creano un’enorme visibilità mediatica  che dà un grandissimo vantaggio iniziale ma che poi bisogna mettere a frutto. Siccome siamo poche abbiamo passato quest’anno a prendere premi e non fatturare. (Risata). Quando mi dicono:  Come mai c’è stato questo calo nel fatturato nonostante i premi?  Rispondo: Perché o prendi il premio o vendi…

D- La prossima volta chiedete premi in denaro.

R – Quando il cliente dice: bene, vado a vedere su internet e scopre che parlano solo di te a questo punto compra il prodotto. Insomma  la validazione di terza parte non sei tu che te la dai ma sono gli altri che ti lanciano. Ci voleva questo passaggio … investitori, distributori e grossi partner perché  noi stiamo lavorando con Microsoft che ci ha adottato come la mascotte di turno; ci chiamano,  siamo nel  technology-center  quindi  loro ci presentano al mondo.  Siamo dei testimonial di Facebook per l’imprenditoria femminile.

D- Magari già che siete lì piazzate qualche prodotto…

R- Certo! Allora gli abbiamo detto: Scusate visto che noi siamo la vostra testimonial non è che volete un po’ di aria pulita nei vostri uffici? Adesso stiamo lavorando sulla sede italiana della Microsoft poi speriamo che si faccia lo stesso con Facebook e poi ci sarà la scaleup (NDR- La scaleup è una società innovativa che ha già sviluppato il suo prodotto o servizio, ha definito il suo business model scalabile e ripetibile, opera sul mercato e presenta alcune caratteristiche di successo che le permettono di ambire a una crescita internazionale in termini di mercato, business, organizzazione, fatturato.) nelle altre sedi … stiamo cercando un distributore che prenda in mano la situazione, ci prenda  a cuore… nei vari paesi. Quindi i nostri prossimi progetti che poi vi comunicherò in anteprima quando succederanno sono sull’outdoor .

D: E’ nato prima l’indoor.?

R – E’ nato prima l’indoor. E noi  lì siamo credibili … perché noi siamo nati per siti di rifiuti, impianti tipografici … inquinanti pesanti industriali. Quindi ‘fuori’ per noi è un gioco da ragazzi. Non so come dire:    aria pulita quindi non abbiamo problemi di efficienza… vendiamo una storia sull’industria. Siamo perfettamente credibili … Diamo una soluzione totalmente naturale quindi non creiamo filtri da buttare, non immagazziniamo scorie da dover poi gestire in discariche. Noi abbiamo dei batteri che si mangiano l’inquinamento. E loro sono felici,  li nutriamo poveracci, li addormentiamo nella bottiglia dopodiché  li mettiamo dentro questo sistema che tecnicamente è un grande bireattore, dove loro  si risvegliano, mangiano tutto l’inquinamento che possono e, ben felici, muoiono con la pancia piena (ride). Dopo trenta  giorni quindi ne inseriamo degli altri, ben felici e grassi. Quindi detto questo a livello fantascientifico il prossimo secolo sarà bio;  lo scorso secolo era petrolio. Oggi  con i batteri si fa tutto. I batteri sono nei dentifrici, ci sono i probiotici che sono ovunque… gli yogurt non ne parliamo…

D- I batteri… Ci sono quelli buoni e quelli cattivi…

R- La maggior parte sono buoni.  I buoni vincono sui cattivi come nell’intestino, nella flora batterica. La parte buona uccide quella cattiva. Noi creiamo quell’equilibrio … come se fossimo degli intestini, dei digestori  di stomaci  da mettere in giro. Tra l’altro ho fatto una LIFE-CYCLE ASSESSMENT (NDR – in italiano “valutazione del ciclo di vita”, conosciuto anche con la sigla LCA: è un metodo che valuta un insieme di interazioni che un prodotto o un servizio ha con l’ambiente) con l’università di Bologna che ci segue ormai da anni in tutte le nostre elucubrazioni… E loro hanno fatto un’equivalenza tra le piante – attenzione non piante per l’emissione di ossigeno che sono insostituibili  ma piante per capacità di rimozione di inquinanti. Il parco cittadino rimuove gli inquinanti,  è saturo di inquinanti. L’inquinante in questi parchi è talmente tanto che le piante dentro diventano cave: avete visto quanti alberi stanno tagliando in giro? Io ho notato qui  a Milano che in due posti  in due giorni hanno tagliato due alberi: uno gigantesco e uno sotto casa a Brera e stavano  segandoli perché dentro sono cavi. Sono talmente pieni  di inquinanti che stanno morendo. Dopodichè in realtà devono rilasciare queste ondate di inquinanti per poter respirare e quindi io mi prendo tutto questo sporco. Hanno scoperto che l’ Hyde Park a Londra è il più inquinato nella città quindi questi poveri polmoni hanno bisogno di noi. Ogni bireattore nostro, di quelli grandi, equivale a 6.000 piante come capacità di rimozione di gestione di inquinanti. Quindi mettere questi  ‘sistemi’ all’interno dei parchi  li salva, salva anche le persone,  fa diventare il parco veramente un polmone,  gli dà la possibilità di lavorare come devono e non solo: piazzati agli angoli delle strade o nei punti critici non alla tangenziale ma ai giardini, davanti alle scuole dove la gente fa shopping  dove la gente vuole camminare, prendere una boccata d’aria. Ha perfettamente senso perché noi produciamo  antinquinamento più velocemente di quanto la natura non riesca a gestirla.

D- Sì ma l’uomo della strada?. Mi metto nei suoi  panni. Quando un albero viene abbattuto l’uomo della strada pensa: va be’ ne piantate un altro… Non è così?

R –No,  gli alberi hanno una capacità di assorbimento degli inquinanti e di emissione di ossigeno in base alla loro circonferenza e al tipo di albero.

D-Non basta piantare un altro albero?

R-Assolutamente no. Una piccola foresta di arbusti piantati oggi prima che abbia l’efficienza di una foresta come l’Amazzonia… non saremo qui a vederla. Assolutamente,  bisogna prima di tutto preservare in tutti i modi quello che già abbiamo: piantare alberi il più possibile per lasciarli alle nuove generazioni. Però il sistema non è ‘tira giù un albero e piantane un altro’. Abbiamo bisogno di alberi sani, di tasche di aria pulita. Ora che passeranno 20, 30, 50 anni… se tutti siamo d’accordo nel limitare le emissioni: cosa che come vediamo con gli Stati Uniti non sta succedendo. Il mondo è uno,  l’aria non è che arriva al confine e chiede la cittadinanza o il passaggio alla dogana. E’ un problema globale.

Ringraziamo Betta Maggio per le sue spiegazioni. Grazie a lei in futuro respireremo meglio. E scusate se è poco.

Betta Maggio