Il report di sostenibilità

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Intervistiamo Gianluca Telera Dottore Commercialista e Revisore Legale dei conti con un passato da Europrogetti­sta. Esperto di Sostenibilità e rendicontazione degli SDG è un Innovation Manager con una spiccata passione per le startup innovative. Gli abbiamo chiesto cos’è il report di sostenibilità, che aspetti della vita aziendale tocca e che finalità ha. Ecco le risposte:

Che cos’è il report di sostenibilità?

In sostanza il report di sostenibilità è uno strumento di rendicontazione che consente a qualsiasi organizzazione che sia una società di capitali, società di persone, associazioni o ente di genere di considerare oltre al proprio impatto economico di valutare il proprio impatto ambientale e sociale. Come lo si fa? Ci sono diverse metodologie. Possono essere customizzati  per le piccole aziende si può fare un approccio taylor-made della valutazione dei vari impatti, ambientale, sociale ed economico. Per le organizzazioni che hanno un minimo di struttura imprenditoriale e organizzativa definita ci sono degli standard internazionali. La letteratura ha sempre più consigliato di utilizzare degli standard internazionali. Ricordiamo che per alcune società molto grandi e di interesse nazionale il report di sostenibilità è diventato obbligatorio: chiamasi DNF (Dichiarazione non finanziaria).

Il discorso mi sembra completo: Veniamo al secondo punto. Quali sono gli aspetti della vita aziendale che vengono toccati? Forse sono i tre punti già ricordati ossia ambientale, sociale ed economico.

Certo. La reportistica di sostenibilità se vuol essere fatta bene deve tener conto di una serie di parametri legati a tutti gli aspetti di organizzazione dell’impresa che sono un po’ quelli che ci dicevamo: ambientale, sociale ed economico. In realtà oltre a focalizzarsi sugli aspetti direttamente interni della società il report deve riferirsi anche ai rapporti che la società ha con altre società o con altri enti. Quindi il report rendiconta sia gli aspetti interni  ma anche quelli che sono direttamente correlati alla filiera della società stessa.

Bene. Passiamo alla terza domanda. Che finalità ha questo report?

Per le società che citavo prima cioè quelle più importanti c’è un obbligo normativo. Poi pian piano questo obbligo arriverà anche a tutte le altre società, comprese quelle mediamente considerate.

La finalità però è un’altra. Il report è una fotografia non solo di quelli che sono i valori generati della società ovvero: come gestisco il mio business in chiave sociale e ambientale? A parte questo che può essere considerato un mero posizionamento a livello di comunicazione, andare a valutare anche il rischio del business a medio e lungo termine perché i parametri hanno un impatto sul business in quell’area economica. In soldoni se io non tengo conto di una serie di parametri in realtà prima o poi l’errata o mancata valutazione di questi aspetti che possono sembrare non direttamente correlati al mio business avranno un grossissimo impatto. Perché le normative ambienti e sociali sono sempre più severe. Ma soprattutto perché questa mancata valutazione fa sì che il tuo business non sia competitivo dato che una serie di costi e esternalizzazioni negative non sono rendicontate.

Ok passiamo al quarto punto. La domanda è: come viene preparato questo report?

Dipende dalla tipologia. Prendiamo il caso mediamente considerabile di una PMI che adotta uno standard  internazionale e ne dà una valutazione dei propri KPI. Innanzitutto si decide qual è lo standard da adottare. Uno dei più considerati è il GRI STANDAR Innanzitutto si va a mappare con un’analisi della materialità cioè degli impatti della società perchè è vero che ogni società  ha degli impatti sociali ed economici quindi bisogna scegliere – di ogni singolo pillar un’area.

Ad esempio una società che ha un grosso numero di dipendenti ha una situazione diversa da un’altra che ha un grosso giro d’affari ma pochissimi dipendenti.

In prima battuta si va a rilevare quali sono i segni, gli impatti su questa realtà che andiamo a rendicontare, si vanno a misurare gli impatti. C’è un aspetto importante quello della filiera. Si va a rilevare quali sono i partner e quindi dialogare (STAKEHOLDER ENGANGMENT) con loro in modo tale che possiamo avere un feedback da coloro che sono all’esterno della nostra area produttiva del business d’impresa. Questo perché se ragioniamo solo con la nostra ottica magari non sbagliamo ma probabilmente non abbiamo una visione integrale. Facciamo un esempio di una piccola associazione che in una comunità  svolge un’attività importante umanitaria rivolta agli anziani. L’intera comunità risente – in modo benefico – di quest’ attività. Quando io vado a fare una rendicontazione su questa attività io non posso evitare di dialogare con il comune stesso riguardo l’attività di tutela degli anziani. Quindi in certe realtà io non posso evitare di dialogare con gli  stakeholder rilevanti per tali attività.

Basicamente a chi è rivolto il report?

La domanda richiede più di una risposta perché dipende da qual è l’obiettivo del report. Se fosse obbligatorio, se c’è un obbligo normativo, se stiamo facendo un report per una società molto grande, il destinatario principale è l’amministrazione finanziaria. Ma in realtà il report si rivolge soprattutto agli ispettori. Poi in generale io devo mostrare quali sono le mie dinamiche di impatti sulle tre aree della mia società agli stakeholder. Quindi i primi lettori del report dovrebbero essere gli stakeholders. Però il fine ultimo del report dovrebbe essere quello di mostrare all’esterno e quindi a tutti la solidità dell’azienda su tutti e tre i pillar anche perchè mostrare come si sono affrontate le difficoltà e quali sono stati i loro successi di alcune scelte possono essere di ispirazione a chiunque.

Ringraziamo il Dottor Telera per le preziose informazioni fornite.

NB:  il post non è soggetto di sponsorizzazione e/o di affiliazione con i soggetti titolari intervistati, l’intervista e i contenuti sono di pura divulgazione e informazione.