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La sfida della biodiversità (II)
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Durante il lockdown del 2020 ci eravamo tuttə ripromessə di modificare i nostri stili di vita, affinché il nostro impatto sul pianeta fosse più sostenibile.
A vedere il traffico aereo delle ultime settimane, magari per raggiungere le spiagge di rinomate e affollate località del Mediterraneo o per altri viaggi, si direbbe che la nostra specie fa fatica a ripensare soprattutto le vacanze, nonostante la crisi economica prodotta dalla pandemia prima e dalla guerra in corso abbia avuto ripercussioni forti soprattutto sul comparto lavorativo dei grandi aeroporti europei.
Eppure da anni esistono molte alternative ai viaggi mordi & fuggi, che permettono di scoprire luoghi meno turistici e gremiti anche attraverso spostamenti a cui non penseremmo in prima battuta.
È il caso dei trekking con asini, muli o cavalli o destinazioni dove si possano sostenere le comunità locali come nei piccoli borghi.
È stato coniato anche un nuovo termine ‘promadic traveler’ per indicare questa tipologia di viaggiatorə, ma soprattutto la filosofia che guida le sue scelte: attenzione massima all’ambiente, per gli spostamenti ai mezzi classici si preferiscono la bici o i piedi, per il cibo si va alla ricerca del km zero, per dormire si preferiscono strutture che utilizzino materiali riciclati e siano attente al consumo di acqua.
E fra un relax e l’altro, non si fugge da possibili scambi culturali con il territorio per entrare davvero in contatto con il nuovo che si incontra.
Del resto, come scriveva l’antropologo David Le Breton: «Camminare è inutile come tutte le attività essenziali. Atto superfluo e gratuito, non porta a niente se non a sé stessi, dopo innumerevoli deviazioni».
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