Botto Giuseppe & Figli: Tradizione e sostenibilità

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Dal 1876 l’azienda Botto Giuseppe & Figli Spa produce filati e tessuti pregiati. Oggi la quarta generazione della famiglia gestisce una realtà nota a livello internazionale i cui prodotti coniugano bellezza e ricerca. Abbiamo raggiunto l’amministratore delegato Silvio Botto Poala per conoscere meglio la filosofia di questa eccellenza italiana.

Cosa significa essere una azienda con una identità di tradizione familiare, siete alla quarta generazione, nel contesto internazionale attuale?

La tradizione è un elemento molto importante perché significa avere valori condivisi, continuità e soprattutto qualità grazie alle conoscenze tramandate attraverso le generazioni.

Come avete iniziato il processo di sostenibilità?

Investendo nelle energie rinnovabili diversi anni fa, abbiamo iniziato prima che la sostenibilità diventasse un must. Il passo successivo è stata la creazione di una filiera tracciabile e trasparente, arrivando fino alle singole fattorie di produzione dei materiali lanieri.

Che cosa rende un tessuto davvero sostenibile per l’ambiente?

Ci sono molti fattori che determinano la sostenibilità di un tessuto; per noi sono raggruppati e rappresentati dalla qualità Slowool Earth certificata da Cradle to Cradle che utilizza materiali certificati RWS [Responsible Wool Standard è promosso da Textile Exchange, organizzazione non-profit per lo sviluppo responsabile e sostenibile nel settore tessile – N.d.r.]. Sono materiali tracciabili dalle singole fattorie, prodotti con energie rinnovabili e attraverso tinture e finissaggi a basso impatto ambientale.

Avete avuto supporto dalle istituzioni nella realizzazione di questi investimenti: banche o altro?

Su alcuni investimenti, come ad esempio quello sulle energie rinnovabili, abbiamo avuto vantaggi fiscali, ma la parte fondamentale è costituita dai risparmi e dalla riduzione di emissioni.

Quante persone lavorano nella vostra azienda e che azioni avete messo in atto per renderle sensibili ai temi della sostenibilità aziendale?

La nostra azienda impiega 300 persone. Abbiamo messo a punto un codice etico aziendale e corsi di formazione sulla sostenibilità. Per ottenere una completa sostenibilità occorre l’intervento e la consapevolezza di tutte le persone che fanno parte della catena di fornitura.

Se, come si legge anche nel vostro sito, la sostenibilità è il nuovo lusso, non c’è il rischio che – a fronte di una maggioranza di persone che usa tessuti di scarsa qualità – l’impatto sia minimo rispetto alla catastrofe ambientale in atto?

Purtroppo il fast fashion ha la responsabilità maggiore per i disastri ambientali, penso al cedimento del Rana Plaza, o la desertificazione del Lago Aral per via della coltivazione intensiva di cotone. La nostra azienda produce materiali – filati, tessuti, jersey – di altissima qualità per clienti di lusso, ma in questi ultimi anni abbiamo fatto passi importanti nella direzione di una sostenibilità più accessibile. La sostenibilità ha un costo e se il cliente non lo capisce, si svalorizza.

Collaborate con altre aziende per allargare l’accessibilità dei vostri prodotti al grande pubblico?

Il nostro prodotto è un semi-lavorato e l’unico modo per raggiungere il pubblico è attraverso la collaborazione con aziende, marchi, brand che desiderano offrire al proprio cliente un prodotto totalmente tracciabile.

A riguardo, come comunicate i vostri progetti di sostenibilità? Come dimostrate di non fare greenwashing?

Comunichiamo i nostri progetti di sostenibilità con le fiere – Pitti Filati, Première Vision, Milanounica – ma anche workshops nel mondo e con i social media, o strumenti più tradizionali come cataloghi, brochure e, soprattutto, attraverso gli incontri con i nostri clienti. Ognuno di loro ha una propria visione della sostenibilità e spesso realizziamo prodotti su misura per loro. Ogni anno – dal 2021 – pubblichiamo il nostro bilancio di sostenibilità, che contiene i dati essenziali. Botto Giuseppe è un’azienda totalmente trasparente in tutti i passaggi di lavorazione, tanto che i clienti ci visitano spesso anche con audit, potendo anche visitare le nostre fonti di approvvigionamento di materie prime, le fattorie sono dislocate in Australia, principalmente.

Il distretto biellese della lana ha progetti comuni di decarbonizzazione e sostenibilità?

Al momento il distretto sta lavorando sulla sostenibilità con progetti separati, ma credo che il distretto biellese, famoso per l’eccellenza, potrebbe trovare vantaggi nello sviluppo di qualcosa in questa direzione.

C’è un progetto in particolare su cui state puntando?

Stiamo valutando un progetto Land to market, di cui abbiamo parlato con i nostri clienti. Credo che sia un progetto di sostenibilità molto ambizioso e di ancor più alto livello.
Si tratta di fare una valutazione delle nostre fattorie partner, non solo dal punto di vista del trattamento degli animali allevati – ovini e bovini- ma anche una valutazione della gestione più efficiente del territorio: quello che si intende per agricoltura rigenerativa, che permette un miglior assorbimento di CO2 dal terreno e una migliore qualità di pastura per gli animali.

 

NB:  il post non è soggetto di sponsorizzazione e/o di affiliazione con i soggetti titolari intervistati, l’intervista e i contenuti sono di pura divulgazione e informazione.