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“Fare sostenibilità non è diventare green, è salvarsi la pelle”.
Ecco il grande perché.
Noi di Phoresta non siamo mai stati isterici o melodrammatici, ma l’emergenza climatica c’è, esiste, ed è misurabile, come dimostrano i numerosi esempi che abbiamo trattato in queste news.
Il climate change sta già provocando dei danni permanenti che i non addetti ai lavori possono solo intravedere.
Esistono situazioni drammatiche che non riusciamo a correlare razionalmente con il mutamento degli ecosistemi, ma che si stanno manifestando sempre di più e con sempre più violenza. Dagli uragani alla siccità, dalla perdita della biodiversità alla costante riduzione della fertilità dei suoli.
Da qualche mese la parola sostenibilità è entrata nell’agenda politica italiana.
Quanto sia puro slogan e quanto sia un progetto programmatico ancora non sappiamo.
Di sicuro il problema è complesso e va affrontato in un modo sistemico che deve portare a una sintesi rispetto la classica dicotomia economia vs ambiente.
La sostenibilità riguarda tantissime variabili correlate e intrecciate tra loro.
La transizione energetica, la gestione dei rifiuti, la filiera, la riduzione delle emissioni clima alteranti, la riduzione degli inquinanti di aria ed acqua, e la sicurezza dei prodotti e dei servizi venduti sono alcune delle questioni da gestire e affrontare.
Ma sostenibilità vuol dire anche mantenere il valore del capitale economico e della profittabilità delle imprese.
Questo permette di allargare l’orizzonte della strategia aziendale verso la filiera nel suo complesso e verso tutti gli ecosistemi che essa coinvolge.
Il consumatore è e sarà sempre più attento e sensibile verso l’impatto delle produzioni (o delle commercializzazioni) verso le emissioni inquinanti, l’uso di fonti fossili, il consumo delle materie prime e dell’acqua in primo luogo, e il trattamento equo dei lavoratori.
Per iniziare un percorso di sostenibilità, le aziende devono imparare a introdurre dei sistemi di misurazione che ampliano i confini dei dati gestiti per misurare i risultati aziendali.
Attualmente tutti i sistemi di controllo di gestione calcolano semplicemente vendite, costi utili e redditività.
Questo non è più sufficiente perchè così non si riesce a prevedere il futuro aziendale.
Tutto va ricalcolato e riesaminato anche con l’obiettivo di ridurre gli inquinanti con una visione a 360 gradi di tutti i processi aziendali, compresi quelli che coinvolgono i fornitori e il personale.
Oggi più che mai il motto “What get measured can be managed”, ciò che può essere misurato può essere gestito è necessario.
Oltre al classico bilancio di utili e perdite, ci deve essere, quindi, anche un bilancio ambientale e uno sociale.
E conviene farli questi bilanci perché tutta la normativa fiscale e gli indicatori di valutazione aziendale calcoleranno non solo il rischio di mercato, ma anche quello legato a un eventuale instabilità delle vendite aziendali a favore di concorrenti che hanno saputo ridurre l’impatto sull’ambiente e lo hanno saputo comunicare correttamente ai clienti e consumatori.
È vantaggioso prendere parte attiva nei nuovi modelli di crescita aziendale sostenibile anche perché, molto terra terra, si perderebbero una serie di vantaggi economici come:
– evitare la carbon tax e la plastic tax, già deliberate dalla Commissione Europea;
– emettere green bond per il finanziamento aziendale verso la transizione ecologica
– ottenere migliori rating per l’accesso al credito
Ma non solo.
La transizione energetica verso energie rinnovabili crea dei savings a medio e lungo termine. Interrompe la dipendenza dal prezzo e dalle disponibilità delle energie fossili.
Investire in una flotta di automezzi aziendali ibridi o elettrici consente di non subire la svalutazione dei mezzi posseduti per obsolescenza energetica. Senza contare la riduzione dei costi di manutenzione, che, nella auto elettriche, è inferiore.
Sostenere una start up per l’innovazione di prodotti e processi vuol dire fare investimenti fiscalmente deducibili e allo stesso tempo ottenere un vantaggio competitivo straordinario.
Considerare soluzioni di economia circolare permette di ottenere ricavi addizionali dagli scarti della produzione che si trasformano in materia prima seconda.
Questi sono solo alcuni esempi dei vantaggi economici che un’azienda ha quando affronta un percorso che porta alla sostenibilità.
La separazione drammatica tra economia e ecologia è tale solo se restiamo miopi e se non riusciamo a proiettare l’impatto che le attività delle imprese hanno verso consumatori,
stakeholders e fornitori in termini di “consumo” dell’ambiente.
Ed è questa miopia che potrebbe limitare lo sviluppo stesso delle imprese che, senza un progetto di salvaguardia ambientale e sociale, saranno sempre più considerate a rischio dalle istituzioni, comprese quelle creditizie, con una conseguente perdita di valore e di credito.
La responsabilità sociale di impresa, da apparente vezzo delle grandi corporation, deve invece essere incorporata nella mission e nella vision aziendali e nella prassi operative di tutte le aziende, anche quelle piccole.
Queste ultime hanno anche il vantaggio di poter essere veloci e leggere e di essere in grado di prendere decisioni in tempi brevi.
Ovviamente ciò comporta anche la necessità di avere competenze specifiche in questo campo. Quindi è necessario formare e creare delle professionalità all’interno dell’azienda che siano in grado di misurare, verificare e orientare l’iter per la sostenibilità.
La creazione di queste figure professionali avrebbe, inoltre, anche un impatto positivo nel mercato del lavoro.
In conclusione, la sostenibilità cancella la contrapposizione tra economia e ambiente, perché questa sintesi è urgente e necessaria.
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