A seminar la buona pianta. Le aziende possono essere amiche.

Si è svolta a Milano – dal 28 al 30 settembre – la manifestazione 2018 di ‘A seminar la buona pianta’ che ha come sottotitolo ‘Noi, le piante e l’ambiente’. Diciamo subito che la manifestazione – attiva dal 2012 – non è esclusivamente meneghina, anzi è un festival o passeggiata collettiva – come la definisce Giovanna Zucconi direttrice artistica – che tocca diverse città italiane. Tra le altre Palermo, Livorno, Sondrio e così via.
Perché festival? Ma perché unisce – sotto il tema delle piante – diversi interventi di scrittori, artisti, musicisti, scienziati ognuno dei quali ha dato un contributo originale al complesso e sfaccettato rapporto che noi abbiamo con le piante. Insomma una festa se non un festival delle piante in tutte le salse. Le sorprese sono state tante a partire dalla sede scelta per l’inaugurazione milanese e cioè palazzo Mezzanotte ex sede della borsa Italiana. Forse per questo le prime relazioni avevano un taglio anche economico con attenzione all’impresa.
A spiegare il legame tra le imprese e l’ambiente è stato Massimo Mercati di Aboca spa – sponsor della manifestazione – che ha sottolineato come oggi la sostenibilità deve essere un elemento costitutivo dell’impresa stessa. Le relazioni sono proseguite con uno speech di Christian Felber autore e storico austriaco promotore dell’Economia del bene comune e della Banca Democratica. Successivamente Roberto Verganti professore di Leadership and Innovation alla School of Management del Politecnico di Milano ha ribadito che la risposta classica su quali siano gli obiettivi dell’impresa abbia fatto il loro tempo. E cioè: un’impresa non può più limitarsi a produrre valore (monetario).
E’ seguita una tavola rotonda dal titolo: il bene comune è il bene dell’impresa? a cui hanno partecipato diversi manager ed imprenditori come Alessandro Garrone vice presidente di ERG spa; Diva Moriani di Intek Group; Giuseppe Morici CEO di Bolton Food e Carlo Pesenti presidente della Fondazione Pesenti.
Ci colpisce che alcuni di questi nomi appartengano a delle dinastie che in un modo o nell’altro fanno parte della fossil economy (come Garrone o anche Pesenti).
Il fatto che si dimostrino sensibili anzi paladini della sostenibilità (e connessi) ci lascia ben sperare per il futuro.

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