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Da questo numero inizia una nuova rubrica completamente dedicata ai rifiuti. Che cosa sono realmente, come possono essere riutilizzati, come vanno gestiti ecc.
Del resto i rifiuti sono sostanzialmente alla base dell’economia circolare. L’autore di questa rubrica è un qualificato esperto del settore: Gianluca Telera dottore commercialista e revisore contabile. La sua specializzazione è la collaborazione strutturale a start up innovative. Per Phoresta ci farà entrare in un universo importantissimo da un punto di vista economico ma ancora poco conosciuto. Telera ci aiuterà a cambiare le cose con questa rubrica.
Iniziamo da una definizione generale.
Che cos’è il Rifiuto?
Può sembrare ai più banale, ma definire il rifiuto non è un’impresa facile. Gli approcci definitori, se ci limitiamo alla normativa italiana sono stati diversi negli anni. Basti pensare che prima avevamo un intero allegato alla legge che cercava di distinguere per categorie ogni tipologia di rifiuto (un elenco cospicuo e neanche precisissimo che gli addetti ai lavori scorrevano per potersi orientare nella pletora di rifiuti plausibili).
A oggi per essere sintetici e più chiari possibile (si fa per dire) ci è rimasta soltanto la laconica definizione del Testo Unico Ambientale che recita:
Si intende per “rifiuto”: qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’intenzione o l’obbligo di disfarsi;
Quindi esemplificando, una qualsiasi entità materiale è da considerarsi rifiuto non per una qualità intrinseca, ma per l’azione che il soggetto stesso, che la manipola, fa.
In tal senso la definizione non è oggettiva (come poteva essere il precedente elenco) ma soggettiva: legata alla persona (fisica o giuridica) che compie l’azione.
E qui spesso mi fermo a pensare… ma allora in effetti il rifiuto come in natura così nelle “cose umane” NON ESISTE. Siamo noi che lo connotiamo come tale e che attraverso le nostre azioni e la nostra mala gestione lo sintetizziamo, produciamo e sovraproduciamo.
La definizione sembra riferirci proprio questo…
Approfondiamo.
Proviamo ora ad approfondire quegli aspetti soggettivi evidenziati dal Testo Unico Ambientale stesso.
Tralasciando il concetto di detentore, che prometto di sviscerare in seguito, mi soffermerei sulle azioni del “disfarsi”. Parto dalla più semplice, l’ultima… “abbia l’obbligo di disfarsi”.
Questa condizione è praticamente immediata da individuare. Quest’obbligo discende o da una norma ovvero da un ordine della pubblica autorità (ordinanza, sentenza, etc). In questo caso è l’ordine dato che indica sia il soggetto tenuto a disfarsi sia l’oggetto di cui ci si deve disfare.
Veniamo ora all’accezione del “si disfi”. Anche su quest’ accezione, tutto sommato, non abbiamo troppi problemi per identificare l’azione. In sostanza, tramite una semplice azione – il disfarsi – il detentore/produttore stabilisce di “porre fine alla vita” di un determinato bene:
Sono le 08:00 e sono tranquillamente piegato sulla mia scrivania a scrivere un articolo per Phoresta, alzo lo sguardo dalla tastiera, vedo il bicchiere di plastica nel quale avevo preso il mio primo caffè delle 06:00 e lo getto nel cestino del pattume.
Questo brevissimo racconto, che tra qualche anno si spera diventi arcaico, (un bicchierino di plastica sulle nostre scrivanie non dovrebbe proprio poggiarsi) ci fa capire che è molto chiara e netta l’azione che bisogna compiere per definire Rifiuto ciò che prima era un bene. Il fatto che fosse stato utilizzato già una volta, il fatto che fosse sporco, il fatto che fosse rimasto inutilizzato per due ore non faceva sì che il bicchiere potesse essere definito rifiuto. E’ la mia azione di gettarlo che lo fa diventare tale.
Intenzione di disfarsi.
Per ultimo proviamo a spiegare il concetto di “abbia l’intenzione di disfarsi”. Questa condizione è la più difficile da interpretare. In questo concetto non c’è una vera e propria azione ma soltanto una volontà del produttore del rifiuto di procedere in tal senso. Bisogna infatti ricercare quegli indizi che caratterizzano palesemente una volontà di disfarsi dell’oggetto/sostanza stesso.
Torniamo al mio racconto.
Siccome il cestino è troppo lontano ed io troppo pigro per alzarmi, prendo il mio bicchiere di plastica e lo appoggio, dopo averlo pulito, su un’altra scrivania più vicina, dicendo a tutti che ci avremmo potuto ricavare in futuro un portapenne.
Anche se non l’ho effettivamente gettato nel cestino, va da sé che la mia intenzione era quella di liberarmi di quel bicchiere (tra l’altro sfidando le più normali leggi della fisica – come può un bicchierino da caffè reggere delle penne?). Pertanto, anche se ancora non nel pattume, quel bicchiere deve essere considerato un RIFIUTO.
Capiamo subito, se trasferiamo questo breve aneddoto nelle più complicate attività industriali, cosa possa significare. Spesso i rifiuti sono considerati tali perché da prodotti che avevano un valore intrinseco divengono materiali che generano costi legati alla loro gestione e/o smaltimento.
Le frodi e le problematiche più distruttive in senso ambientale hanno sempre riguardato il tentativo di eludere la normativa, facendo passare, appunto, per NON Rifiuto ciò che lo era (così da evitare proprio quei costi legati alla loro gestione e/o smaltimento); e specularmente la poca conoscenza delle dinamiche di Circular Economy e dei Business Model a essa collegati, hanno portato a dinamiche industriali che qualificavano Rifiuto ciò che in realtà poteva NON esserlo e che anzi poteva essere un’opportunità anche economica.
Spiacevoli dinamiche.
Purtroppo e lo dico con un grande senso di rammarico, non abbiamo ancora superato queste spiacevoli dinamiche. Leggere ancora oggi nelle cronache industriali continui riferimenti a queste ormai inconcepibili logiche non rende giustizia, non solo alla norma, ma soprattutto alla virtuosa gestione industriale dei tanti, della quale l’Italia dovrebbe andare fiera.
Il nostro ruolo DEVE essere quello di provare a fare chiarezza per poter permettere di cogliere le opportunità che questo periodo storico può offrirci e di scongiurare azioni ormai riprovevoli legate a logiche che già in passato erano deleterie.
Nella prossima puntata proverò a spiegarvi chi è il Produttore dei rifiuti e/o il detentore degli stessi e tutte le figure attive soggettive nell’iter della gestione dei rifiuti.
Ringraziamo il dottor Telera per la chiara esposizione e vi invitiamo al prossimo numero per proseguire il discorso ‘rifiuti’. E’ una realtà che non possiamo ‘rifiutarci’ di prendere in considerazione.
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