“Che sai dei bachi da seta?”. “Quasi niente, qualche reminiscenza scolastica e le immagini di un vecchio documentario sgranato, in cui tante donne lavorano i bozzoli nell’acqua bollente.”

“Allora devi andare a Zagarolo!” L’esclamazione del mio amico non prevede repliche. Mi organizzo e vado a incontrare tre persone: Maddalena, Massimo e Antonella. Mi ricevono nel loro laboratorio e sembrano ansiosi di raccontare, del resto presto scopro che parlano di una loro passione.

Entrando vedo delle “lettiere” di foglie di gelso con sopra dei bruchi che le divorano. Fanno un rumore che sembra il picchiettare della pioggia d’autunno, leggero, continuo, uniforme. A seconda delle lettiere ci sono bruchi di diverse dimensioni, da quelli di pochi millimetri a quelli di una decina di centimetri, e mi spiegano che hanno diverse età. Se li tocchi sono lisci e morbidi come la seta. Sono bachi da seta, appunto, ma la seta la producono dalla saliva alla fine del loro ciclo di vita. Ogni bruco produce un filo di circa un chilometro! Lo usa per fare il proprio bozzolo.

Mi mettono un bozzolo nel palmo della mano. Sembra un piccolo candido uovo di uccello. “E poi?”, domando.

“Si ricava il filo di seta”, risponde Maddalena. Il processo è piuttosto articolato e Massimo mi fa vedere come funzionano le macchine che ha realizzato. Le ha progettate e costruite lui. “In Italia non ci sono macchinari di questo tipo. Ce ne sono alcuni – pochi e tutti risalenti alla metà del secolo scorso – che erano dedicati alla grande industria, quelli per una produzione a scala più ridotta non ci sono proprio. Per questo sono macchinari molto ricercati da chi sta riorganizzando la filiera della seta e la maggior parte ci sono commissionati dall’Europa dell’Est.

Massimo, oltre a curare il gelseto e a prendere ogni giorno le foglie fresche per i bachi, progetta la parte meccanica, informatica e robotica delle macchine, e giustamente ne è molto orgoglioso. Ha dedicato una cura particolare alla sicurezza, mi fa vedere tutti i sensori che fermano i meccanismi in movimento in caso che uno infili le mani in qualche posto sbagliato.

Maddalena ha competenze diverse, è una storica dell’arte e sa tutto, ma proprio tutto, sui bachi da seta. Prima di intraprendere questa “avventura”, come la chiama lei, si è ulteriormente documentata con approfondite ricerche di archivio. Mi racconta di quando, fino all’inizio del secolo scorso, la coltivazione del gelso e l’allevamento dei bachi erano una prerogativa tutta al femminile, esercitata a livello familiare, e serviva a integrare il reddito della famiglia. Fatica e sofferenza in filanda per le “mani cotte” dall’acqua calda, per le dita immerse nel cercare di dipanare la piccola matassa del filo di seta. “Noi usiamo sempre l’acqua, ma grazie alle innovazioni di processo che abbiamo introdotto, è appena tiepida – dice Massimo – e questo non è più un problema.”

Antonella mi fa vedere un rotolo di seta, un tubo di cartone molto alto su cui è avvolto il tessuto, liscio, chiaro e morbidissimo. “Partecipiamo a diverse esposizioni, fiere, incontri e tutti sono interessati. Una seta di questa qualità, etica, sostenibile e proveniente da un concetto di filiera completa anche negli impianti di produzione, come il nostro, in Italia non esiste. La seta che si utilizza oggi nell’industria viene importata soprattutto dalla Cina, ma niente di paragonabile alla nostra, totalmente Made in Italy.”

“Quindi?”, domando. “Esiste molta domanda potenziale per un prodotto come il nostro, ma dobbiamo creare un circuito di produzione e di vendita, che ora è appena agli inizi. Dobbiamo far ripartire un’intera attività economica. Un progetto ambizioso!”

Tecnoseta, la società che hanno registrato, ha come obiettivo anche la formazione di persone, giovani, donne, che vogliano intraprendere un percorso professionale inedito per i nostri tempi, in cui tradizione e innovazione convergano su un prodotto naturale, di alta qualità e locale. Magari entrando a far parte della rete di filiera di Zagarolo.

Massimo sa che le difficoltà per costruire le macchine sono seguite da molte altre. Farsi conoscere ed essere in grado di produrre almeno la minima quantità di seta per entrare dentro i circuiti commerciali giusti. “È un prodotto di nicchia con caratteristiche così alte da stare al di sopra di qualsiasi ipotesi di concorrenza. Il mercato ce lo creiamo noi!” Un prodotto che non ha prezzo, in cui tenacia, passione e competenza traspaiono nella lucente morbidezza della seta.

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