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Rete amazzonica
“Questo è Internet!”, Massimo Di Felice (antropologo, professore dell’università di San Paolo del Brasile, un italiano che insegna lì, dove […]
“Per la prima volta in 200 anni di Repubblica, diventerò la prima donna presidente del Messico. Non sono qui da sola, sono qui con tutte. Sono con le eroine che ci hanno regalato la patria, con le nostre antenate, le nostre madri, le nostre figlie e le nostre nipoti“: ha commentato così la sua elezione, Claudia Sheinbaum Pardo, dopo aver vinto le presidenziali messicane con quasi 30 punti in più rispetto a chi la sfidava. È diventata Presidente del Messico una scienziata ambientalista e una fisica di formazione che, con altri colleghi, ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 2007, proprio per aver preso parte al gruppo che ha scritto in quell’anno il report dell’IPCC – Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni unite.
Nel report del 2007 si affermava, fra l’altro che “i ghiacciai si sono ritirati in entrambi gli emisferi e che il riscaldamento del pianeta ha causato anticipi nell’arrivo della primavera, e le specie vegetali ed animali si sono spostate ad una maggiore altitudine e verso i poli”. Soprattutto si anticipava quanto stiamo assistendo a distanza di quasi 20 anni: “Con le attuali politiche in materia di cambiamenti climatici, le emissioni globali di gas a effetto serra aumenteranno del 25-90% entro il 2030; Nei prossimi due decenni si assisterà ad un riscaldamento di circa 0.2°C per decennio; Sarà molto probabile un aumento della frequenza di temperature molto alte, ondate di caldo e precipitazioni abbondanti”, solo per fare un esempio.
Sheinbaum Pardo, di origine ebraica e figlia di accademici, è stata anche la prima sindaca di Città del Messico, dove ha avviato l’elettrificazione degli autobus, l’installazione di pannelli solari sui tetti degli edifici pubblici per dare avvio al primo grande impianto fotovoltaico urbano.
Ha dinanzi una grande sfida, che riguarda non solo i temi della sostenibilità ambientale, perché “la doctora” – così come è soprannominata – ha preso in mano un paese molto violento, sul piano sociale, e fortemente legato all’industria petrolifera, sul piano economico. Non sembra esserne spaventata e ha rilanciato dicendo che intende garantire un «Messico plurale, diversificato e democratico in cui il dissenso è parte della democrazia. […] Siamo democratici e per convinzione non creeremo mai un governo autoritario o repressivo. Rispetteremo anche la diversità politica, sociale, culturale e religiosa, nonché la diversità di genere e sessuale».
Non possiamo che augurarle buon lavoro.
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