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Corona Virus e inquinamento: cosa ci insegna
Corona Virus e inquinamento: se ne è parlato sin dall’inizio dell’epidemia.
La crudeltà della malattia che colpisce la nostra specie sembra avere un sano effetto collaterale per il pianeta.
È intuitivo che se si fermano tutte le attività, in particolare quelle che richiedono energia da combustibili fossili, la qualità dell’aria migliora, ma leggere i dati è impressionante.
La Nasa, che ha raccolto i dati e pubblicato le foto satellitari, ha fatto notare il drastico calo di biossido di azoto (NO2), nelle principali città cinesi tra gennaio e febbraio in Cina, subito dopo il lockdown delle zone colpite dal virus.
La correlazione tra corona virus e inquinamento si è rilevata subito drammaticamente inversa.
Fonte: NASA
Il numero medio di “giorni di aria di buona qualità” è aumentato del 21,5% a febbraio, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo il Ministero cinese dell’ecologia e dell’ambiente cinese.
La quarantena e il lockdown nelle zone colpite dal corona virus in Cina sono iniziati a partire dal 22 gennaio e c’è stata un’immediata diminuzione del traffico, il blocco dei treni e un calo del 60-70% dei voli rispetto alla fine di gennaio 2019.
Le attività industriali del carbone e del petrolio sono diminuite, facendo calare le emissioni di anidride carbonica del 25% rispetto dal 3 febbraio al 1 marzo, secondo il Center for Research on Energy and Clean Air (CREA).
Il principale fattore trainante di questa riduzione è stato il forte calo dell’uso di carbone dato che la Cina è il più grande produttore e consumatore di questo combustibile al mondo.
Il carbone ha prodotto il 59% dell’energia del paese nel 2018 ed è anche l’unica fonte di calore per milioni di case nelle vaste aree rurali del paese.
Come conseguenza della diffusione del Corona Virus e della successiva quarantena, le principali centrali elettriche a carbone del paese hanno registrato un calo del 36% dei consumi dal 3 febbraio al 1 marzo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, secondo delle statistiche del servizio dati WIND e CREA.
La Cina contribuisce annualmente al 30% delle emissioni di CO2 del mondo, quindi l’impatto di questo tipo di calo è enorme.
Si stima che equivalga a 200 milioni di tonnellate di anidride carbonica, più della metà dell’intera produzione annua di emissioni del Regno Unito.
Il dubbio è cosa succederà con la ripresa delle attività.
Esiste la possibilità che la ripresa sia lenta, a causa della domanda in calo, sia a livello domestico che internazionale, e quindi i livelli di inquinamento dovrebbero rimanere al di sotto di quelli del 2019.
Per gli attivisti ambientalisti è un’opportunità che darebbe alla Cina una finestra di tempo per consentire di realizzare riforme che proteggano l’ambiente e trasformino la sua economia.
Se però la Cina si focalizzerà sul rilancio dell’economia rischia di rinviare ulteriormente i progetti di riconversione green con un impatto ancora più devastante per l’ambiente.
Le imprese, infatti, potrebbero intensificare la produzione per compensare le perdite subite con l’emergenza del corona virus utilizzando le fonti energetiche più facilmente disponibili: petrolio e carbone.
In effetti ci sono alcune fonti che rilevano come già a partire dal 3 marzo, data in cui i casi di contagio nella provincia di Wuhan hanno iniziato a declinare decisamente, si nota un incremento delle emissioni contaminanti.
Fonte: NASA
Il corona virus sta mettendo a nudo tantissime criticità del nostro modello di sviluppo, dall’importanza della sanità pubblica, al bisogno di un coordinamento internazionale della gestione delle epidemie, e soprattutto la necessità di superare l’antinomia tra ecologia ed economia.
La crudele ironia della natura ha creato un virus che ci toglie il respiro ma fa respirare il mondo.
Fonti:
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