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“I leader G7 hanno ripreso le conclusioni della Ministeriale Clima, Energia e Ambiente di Torino confermando l’impegno a limitare il riscaldamento globale a 1,5°C e la decisione della COP28 di Dubai di ‘transitare fuori dai combustibili fossili’.
Tuttavia, dal summit di alcune delle maggiori economie del mondo ancora non sono venuti piani e tappe precisi per uscire dal gas e dal petrolio, mentre lo si è fatto sul carbone, decidendo di abbandonarne l’uso nei primi anni dal 2030. Inammissibile che ancora si pensi di investire su gas quando la scienza oggi ci dice che dobbiamo cominciare a smantellare le infrastrutture esistenti”: è quanto afferma la società civile internazionale riunita nel Civil7, in risposta al Communiqué finale del G7, pubblicato alla fine del summit.
Il Civil 7 è uno dei gruppi di interesse, chiamati ‘Engagement Groups’, con cui dialoga il G7.
“Sul clima e sulla difesa della natura, il G7 ha una responsabilità enormemente sproporzionata rispetto agli altri Paesi per la crisi climatica e la perdita di biodiversità, ma anche risorse e capacità di risposta smisurate: l’azione è ancora troppo lenta, mentre la crisi climatica va sempre più veloce”, aggiunge il Civil7 che a maggio scorso ha pubblicato un documento con tutte le raccomandazioni della società civile in cui, fra l’altro, si chiede chiarezza sul rispetto dell’impegno del G7 a mobilitare almeno $100 miliardi annualmente fino al 2025 per il finanziamento delle politiche di lotta ai cambiamenti climatici, anche compensando il deficit degli anni precedenti. Oltre, ricordano ancora dal Civil7, è necessario un segnale netto sui finanziamenti per l’adattamento climatico e la possibile resilienza, con anche la messa a terra, mediante piani nazionali, regolamenti e norme, degli obiettivi previsti dal Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework (KM-GBF) adottato alla COP15 di Montreal.
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