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Su questa newsletter abbiamo parlato più volte del climate change e dei suoi (spesso) disastrosi effetti. Raramente però ci è capitato di leggere un articolo così toccante (apparso su TIME) come’’The Dust bowl Down Under” e cioè la ciotola di polvere Australia.
Ricordiamo che Down Under è un termine colloquiale britannico per indicare l’Australia. Il contenuto del pezzo è illustrato nel sottotitolo: Gli agricoltori in Australia stanno lottando per far fronte alla siccità più acuta mai vista. C’è da aggiungere che il pezzo – breve ma molto coinvolgente – è corredato da una serie di eloquenti immagini fotografiche. Nella prima si vede una mucca bianca quasi persa in un paesaggio riarso e desolato. E’ un campo nella proprietà Ashantee vicino a Walgett, nel nuovo Galles del sud. Qui l’agricoltore Ed Colless è riuscito a far crescere solo un raccolto in sei anni. Ci confida: ‘Se perdiamo il 2019 sarà dura’. In una seconda foto si vede Jack Slack-Smith un anziano agricoltore di 65 anni che sta ascoltando un rapporto sul tempo nella sua casa nella fattoria Epping. Un interno povero e triste. Ma forse la scena più impressionante è quella che mostra le carcasse di numerose pecore morte per la siccità. A spiegarci la situazione è una contadina Krystal Bullen. Quando il vento soffia e solleva nuvole di polvere la sua abitazione svanisce in un istante. In effetti la sua casa si trova su 4000 acri di polvere al di fuori di Pilliga, una città del nuovo Galles del sud quasi a 300 miglia a nordovest di Sidney. ‘Io ho rinunciato un po’ alla pulizia’ dice la Bullen ridendo amaramente della polvere marrone che copre le sue finestre. In effetti la Bullen ha problemi più pressanti. Un debito di quasi mezzo milione di dollari, un marito infortunato e una fattoria da gestire – da sola – durante una delle peggiori siccità mai viste in Australia. ‘Abbiamo avuto altre siccità – osserva la donna – anche prima ma mai di queste dimensioni’. In effetti la siccità è endemica in questo continente poco abitato e tra i più secchi del mondo ma le condizioni attuali sono tra le più severe della sua storia moderna. Non è ancora il più lungo periodo di siccità ma è il più caldo – e dal 2012 ha devastato allevamenti di bestiame, di pecore e di fasce di terra coltivabile lungo un vasto retroterra dell’Australia. Secondo delle informazioni governative la produzione agricola quest’anno si prevede in decrescita del 23% rispetto all’anno precedente. Del resto nella costa orientale del paese la siccità ha colpito il 49% dei terreni a cultura erbosa e indotto alla macellazione prematura del bestiame fino al 17%. Le cause della siccità? Temperature più alte della media secondo il prof Mark Howden dell’istituto del climate change alla università nazionale Australiana e vicepresidente dell’intergovernmental panel sul Climate Change (IPCC). Il paese ha vissuto 9 dei 10 anni più caldi dal 2005. C’è da aggiungere che l’Australia non è la sola in questo guaio. Alla fine del secolo secondo l’IPCC la siccità in tutto il mondo diventerà più comune e severa. Ciò che sta accadendo in Australia va al di là di un fenomeno locale. Lo dice il prof Lesley Hughes direttore del Consiglio Climatico, un think tank finanziato dalla raccolta fondi che si trova a Sidney. ‘Il fenomeno australiano è un precursore delle cose che verranno”. Torniamo allora alla Bullen che, comunque, ha deciso di resistere. A noi ha fatto venire in mente la coraggiosa moglie di Van Heflin nel bel film di Delmer Daves ‘Quel treno per Yuma’. La coppia era quella di due agricoltori dell’Arizona messi in crisi dalla siccità. Alla fine comunque la pioggia arrivava. Speriamo avvenga lo stesso per la Bullen.
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