Riutilizzare, riparare e rigenerare: I centri di riuso

Centri di riuso

Al telegiornale regionale, almeno in quello del Lazio, la domenica una delle notizie immancabili è quella sulla raccolta dei rifiuti nelle isole ecologiche temporanee, organizzate nelle piazze dei quartieri di Roma. Oltre al profluvio sulle quantità, sempre con qualche esagerazione sulle migliaia (!) di tonnellate, c’è un certo compiacimento nell’affermare che tutti quei materiali, tavoli, sedie, divani, vecchi mobili. elettrodomestici, pannelli di legno, ferro… Saranno differenziati e portati in discarica.
La tv di Stato dice questo, naturalmente è molto meglio che vedere abbandonati frigoriferi e lavatrici ai margini delle strade, ma nessuna ipotesi di riuso, nessuno accenno ad altre possibilità che non sia buttare tutto. Quei materiali potrebbero essere riutilizzati, non tutti certo, ma una parte sicuramente. Alcuni sarebbero pronti così come sono, altri per essere riutilizzati dovrebbero essere riparati o rigenerati (tipicamente gli elettrodomestici).
Qualcuno ci ha pensato? Naturalmente sì e in Italia esistono da tempo alcuni Centri di riuso. Purtroppo sono pochi e regolati da leggi contraddittorie e incomplete, di cui mancano per esempio i decreti attuativi. Alcuni nodi non sono stati sciolti: la cessione dei beni riutilizzabili è gratuita? Se invece fosse richiesto un contributo, come sarebbe calcolato l’importo? O sarebbe un contributo libero? La gratuità renderebbe i centri di riuso un circuito parallelo alle attività di volontariato soprattutto religiose; al contrario l’individuazione di meccanismi economici implicherebbe l’inserimento in una logica di mercato, per quanto dai parametri attenuati.
Per ora i Centri di riuso sembrano soprattutto un’alternativa allo smaltimento, con finalità sociali. Anche il citatissimo Piano di ripresa e resilienza (Pnrr) ne fa menzione prevedendo misure economiche a sostegno della gerarchia dei rifiuti.
Il compito principale è di fatto assegnato ai Comuni. Accanto all’isola ecologica, o ecocentro comunale, potrebbero essere riservati alcuni spazi ai centri di riuso. I materiali in entrata, prima di “diventare” rifiuti varcando la soglia dell’isola ecologica, potrebbero essere vagliati e stoccati in attesa di un nuovo uso. A fronte dei costi di gestione per far funzionare il centro di riuso, il Comune ridurrebbe i materiali da avviare in discarica, con economie e vantaggi sociali derivanti dal recupero degli oggetti. Se poi ci fosse anche un centro di riparazione ci potrebbero essere ulteriori vantaggi. In questo caso entrano in gioco valutazioni che riguardano il valore aggiunto degli oggetti riparati, rispetto al costo della riparazione e il fatto che siamo comunque dentro un vortice consumistico che spesso toglie valore anche culturale al recupero.
Penso che in attesa che le leggi siano sedimentate e definiti correttamente i percorsi amministrativi, si possa comunque fare da subito qualcosa, anche non risiedendo in uno di quei luoghi fortunati dove è stato realizzato un centro. Personalmente recupero, aggiusto e riuso oggetti. In genere li regalo nell’ambito di una cerchia di amici e conoscenti, che nel tempo si è allargata in maniera spontanea. All’inizio noto molta curiosità, la domanda ricorrente è perché lo faccio. Rispondo sempre che prima di tutto è un piacere, che poi è un modo per combattere il consumismo di cui siamo tutti vittime e che lascia affiorare relazioni tra le persone, che in genere sono prolifiche, perché gli scambi non mercantili basati sul dono producono reciprocità. Una comunità proprio su questo è basata (anche etimologicamente: comunità, ossia cum «con» e munus «dono»). Ovviamente è una goccia nel mare, sono consapevole che una singola azione non può assolutamente scalfire i rapporti capitale-natura-società, ma la direzione è giusta, perché la crisi ecologica non può prescindere dai processi di produzione e dai conflitti sociali che comportano. Si tratta di ridefinire radicalmente i rapporti socioecologici partendo da un’ecologia conflittuale che si ponga l’obiettivo di salvare l’Umanità, non il Capitale.
Così per adesso vado nell’ecocentro sotto casa e prendo un po’ di materiali che posso riutilizzare. Non si potrebbe perché sono rifiuti di proprietà comunale, ma sono azioni ampiamente tollerate, anzi, quasi incentivate.