Cambiamento climatico: dalla devastazione dei nubifragi al negazionismo

Il cambiamento climatico è stato la causa dei danni che si sono avuti a Milano e che si stanno avendo ancora in molte altre zone di Italia?
Per capire cosa è successo con il clima a luglio a Milano, e nel Nord Itala in genere, abbiamo chiesto l’aiuto competente del dr. Fabio Scarfò, dottore in Scienze Forestali e membro dell’advisory board di Phoresta.

 

Cosa è successo esattamente a Milano a luglio, con il nubifragio che ha paralizzato parzialmente la città?

È successo un fenomeno straordinario, nel senso che va al di là delle dimensioni ordinarie dei fenomeni climatici che avvengo in un territorio come quello milanese in estate. Fenomeno che è stato anche riportato in modo rozzo dai mezzi di comunicazione che non hanno idea di quali siano i parametri di “normalità” riferiti agli eventi naturali.
La stampa ha detto che sono caduti 50 mm in 12 ore, e questo è un dato normalissimo a novembre in cui può piovere continuamente con una bassa intensità e non è di per sé una notizia.
Normalmente piogge intense hanno breve durata, ma a Milano c’è stata un’intensità forte con una durata lunga che ha creato una bomba d’acqua. A questo si è aggiunto un vento di 120 km all’ora, che secondo la scala Beufort è un vento di tempesta violento, eccezionale in una regione che non era caratterizzata dai venti, ma anzi dalla nebbia. Questo ha provocato, come tutti ben sanno, danni alle cose, agli edifici e soprattutto la caduta di tantissimi alberi.

Se si pensa a Trieste, dove c’è la bora, anche gli alberi sono abituati a questo vento forte, sono cresciuti sopportando il vento. Questo ovviamente non succede in Lombardia e soprattutto a Milano.
Per quanto riguarda gli allagamenti della città bisogna ricordare che Milano galleggia sull’acqua, i Navigli sono coperti ma l’acqua scorre sotto Milano. La città, inoltre, come tutte le città italiane soffre del fatto che non vengono puliti i tombini: non ci sono più gli stagnini.

 

Perché sono caduti gli alberi?

Da quanto ho potuto osservare e verificare, il verde urbano a Milano è gestito piuttosto bene, ma è una manutenzione ordinaria, in generale non siamo abituati e preparati per gli eventi estremi.
Se consideriamo che sono cadute impalcature intere, che si presume siano installate e gestite con un sistema di sicurezza 10 (su una scala da 1 a 10), si capisce l’eccezionalità dell’evento. Gli alberi non sono una struttura antropica, sono organismi viventi che funzionano con una serie di parametri che non sempre siamo in grado di misurare.
Come è lo stato dell’albero all’interno del tronco, ad esempio? Non possiamo saperlo.

In generale gli alberi sono caduti perché le radici non hanno retto la forza del vento e dell’acqua. In città gli alberi hanno apparati radicali piuttosto ridotti. Le radici sono mutilate da tagli a lavori di manutenzioni (cavi elettrici, telefonici, ecc), e, in più, hanno poco spazio. Un albero dovrebbe avere una quantità di terra intorno pari a una superficie ampia almeno come la sua chioma. Quando non trovano la terra, le radici restano in superficie perché cercano ossigeno, restano poco profonde, superficiali e quindi poco stabili. In pratica è come se fossero in vaso, e questo non permette di avere radici adatte, dovrebbero essere rimossi ogni 8-10 anni per garantirgli spazio di crescita. La buona notizia è che probabilmente sono caduti gli alberi più fragili. Quelli che sono rimasti hanno potuto sopportare la furia del vento e della pioggia e quindi si presume che possano sopportare un altro evento estremo.

 

Durante le emergenze  nei social e nei media tradizionali sono venute fuori dichiarazioni di soluzioni improbabili come cambiare le piante, fare più parcheggi o eliminare gli alberi. 

Non ci sono alternative agli alberi in città. Gli alberi agiscono contro il calore e contro l’inquinamento atmosferico. In Italia abbiamo 10 morti all’anno causate dalla caduta di alberi, i morti per inquinamento sono 60-90.000 all’anno, se aumentassimo il verde pubblico del 10% ci sarebbero 6.000 morti in meno di malattie collegate alla contaminazione: 6.000 vs 10. I conti sono semplici.

 

Cosa diciamo a chi continua a negare il cambiamento climatico.

Gli eventi estremi ci sono sempre stati. A Roma ha nevicato ad agosto, ma era il 1378. Quello che i negazionisti devono considerare è la frequenza con cui si hanno questi fenomeni. Venti di 100 km/h se si verificano ogni 200 anni, sono isolati, se  succedono ogni 50 possono ancora essere casuali, se ci sono venti così forti ogni 2/3 anni abbiamo un problema. Il clima è più caldo, è innegabile, e i venti sono cambiati: dipende tutto dal riscaldamento globale e dal conseguente cambiamento climatico. Si è ridotta la capacità dell’anticiclone delle Azzorre di temperare il clima mediterraneo e si scontrano sempre di più l’aria fredda dell’Anticiclone Atlantico con quella calda dell’anticiclone africano. Tutto questo movimento dipende dal riscaldamento, dall’evaporazione dei mari.

Attualmente le temperature del Mediterraneo arrivano quasi ai 29 gradi, e il calore atmosferico cambia l’energia in atmosfera creando venti e nubi temporalesche e grandine. Le enormi palle di grandine sono dovute al fatto che le correnti ascensionali mantengono la grandine in atmosfera e questa continua ad ingigantirsi. Questi fenomeni colpiscono e devastano le produzioni agricole e ovviamente hanno un impatto sull’economia e sui prezzi. È tutto correlato, e non si può spiegare quanto sta avvenendo dicendo che ha sempre fatto caldo. Sì, è normale che d’estate faccia caldo, non è normale che nel giro di un paio di mesi tempo abbiamo avuto alluvioni, nubifragi, grandine e temperature tali che non permettono di contenere gli incendi. In poche parole: è un cambiamento climatico.

 

Una soluzione?

Bisognerebbe fare una pianificazione attenta del verde urbano, avere studi statistici ben fatti. Bisogna mettere anche in protezione gli alberi grandi, perché un conto è l’assorbimento di CO2 di una pianta con un tronco del diametro di 80 cm e un’altra è quello di una piantina giovane con il tronco sottile: non sono assolutamente comparabili. Un po’ di colpa su questa disinformazione è anche di noi forestali che non riusciamo a spiegare questi fenomeni e a volte procediamo per semplificazione, senza un’analisi approfondita di quello che ciò da salvaguardare, di come gestire al meglio il verde e la staticità degli alberi. Dovremmo anche noi fare formazione e divulgazione perché in questo momento sono gli alberi che fanno il lavoro di mitigazione del clima per noi, non certo i parcheggi.