Prima dell’avvio della COP 28, che si è conclusa a metà dicembre con esiti ambivalenti come sottolineato da più parti, la presidenza di turno aveva annunciato sostegno sia finanziario che tecnico alla partecipazione delle donne alla conferenza negli Emirati Arabi, ed effettivamente alla COP 28 ha partecipato dal Brasile una numerosa delegazione indigena con molte donne, guidata dalla prima ministra indigena, Sonia Guajajara, in prima linea per ottenere giustizia climatica e proteggere l’Amazzonia.

«Storicamente, le prospettive e la leadership delle donne sono state sottorappresentate in molte sfere della vita pubblica e la diplomazia climatica non fa eccezione», aveva anche affermato Razan Khalifa Al Mubarak, sostenitrice di alto livello del cambiamento climatico delle Nazioni Unite per la COP28, e anche Presidente dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN) e la seconda donna a guidare l’organizzazione nei suoi 75 anni di storia.*

Anche per questo Women and Gender Constituency (WGC), uno dei nove gruppi di stakeholder della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e composta da 33 organizzazioni della società civile attive nei settori dei diritti delle donne e della giustizia di genere, è arrivata alla Cop28 con un documento formale in cui si è chiesto espressamente che si riconoscano gli impatti differenziati dei cambiamenti climatici sulle donne, in particolare nei paesi a risorse limitate e più vulnerabili.
Nel corso di una tavola rotonda del 9 dicembre che ha coinvolto politiche, rappresentanti di UN Women, WGC, IUCN e donne indigene, si è sottolineata l’importanza di avere a disposizione i dati disaggregati per genere anche all’interno del Global Gender Stocktake, ossia il meccanismo di valutazione e misurazione dei progressi ottenuti a livello globale nella risposta alla crisi climatica tenendo conto degli Accordi di Parigi del 2015. Una richiesta fondamentale per capire il prezzo pagato dalle donne nei paesi in cui impatta maggiormente il cambiamento climatico e il ruolo che le stesse donne possono giocare per invertire la rotta. Ma a fare notizia, anche stavolta, è stata l’irruzione sul palco della conferenza di Licypriya Kangujam, giovanissima attivista indiana, che non a caso nel suo cartello ricordava di salvare non solo il pianeta ma anche il futuro della sua generazione.

* Fonte: Osservatorio Interuniversitario sugli Studi di Genere, Parità e Pari Opportunità