La sfida della biodiversità (II)

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Cos’è la biodiversità

Cosa fosse la biodiversità me lo chiedevano insistentemente i miei alunni dell’Università di Santa Cruz de la Sierra, nei bassipiani tropicali della Bolivia, una delle 3 grandi metropoli del bacino amazzonico (le altre due sono Manaus e Belen in Brasile). La parola era nota ma il significato, eccetto un generico “la varietà degli esseri viventi”, lo era assai meno. Cosa sia quindi la biodiversità è in realtà non sempre del tutto chiaro forse perché si tratta di qualcosa di più del complesso dell’assortimento degli organismi, Homo sapiens incluso.

La biodiversità si può certo definire come la ricchezza della vita sulla terra a cui dovrebbe associarsi anche l’insieme degli habitat, degli ecosistemi che ospitano gli organismi e la loro capacità di adattamento e tolleranza alle variazioni e condizioni ambientali di questi ecosistemi. Inoltre dovremmo includere anche la varietà di comportamenti e relazioni tra gli organismi, tra individui e gruppi della stessa specie o tra specie diverse, per esempio dalla predazione, al mutualismo, al commensalismo, e gli adattamenti ai diversi habitat, con organismi eurialini (accomodati a condizioni di alta variabilità della salinità) o stenotermi (al contrario sensibili anche a minime variazioni di temperatura) fino a quelli pirofili o pirofiti (piante resistenti o adattate/favorite nella riproduzione da incendi di medie dimensioni).

Vanno infine aggiunte anche le strutture genetiche (pensiamo all’uso che ne ha fatto l’uomo nella sua storia, con il miglioramento/diversificazione di piante e animali, lo vedremo più avanti, o alle prospettive dell’attuale ingegneria genetica) e biochimiche che formano o compongono gli organismi: i terpeni, i feromoni, i glucosidi, gli alcaloidi. Si potrebbe parlare del genere Cinchona senza menzionare il suo contributo alla nostra specie con l’alcaloide “chinino” nella lotta alla malaria, elemento fondamentale anche negli sviluppi coloniali del XIX sec (e senza dimenticare la caffeina, la teobromina…o anche la cocaina, la nicotina o la morfina)?

La biodiversità, quindi, sono gli organismi ma anche i loro processi di adattamento fisiologico, morfologico e del comportamento che hanno permesso agli esseri viventi di occupare, insediarsi praticamente in ogni angolo della Terra assai più estesamente della nostra specie.

Andrebbe infine menzionata anche l’agrobiodiversità, un atto condiviso tra la biodiversità naturale e la cultura umana, che ha portato alla creazione di migliaia di varietà partendo da una specie di origine selvatica. Questo patrimonio, fusione tra cultura e natura, è oggi perlopiù conservato da piccoli agricoltori nel mondo o solo, oramai sempre più spesso, nelle cosiddette banche del germoplasma. Esistono (o esistevano) solo in India 10 mila varietà di riso. Nel mediterraneo ci sono più di mille varietà/cultivar di olivo, di cui la metà solo in Italia. 10 mila le varietà di pomodori nel mondo. Un amico specialista del settore ha scritto una guida sulle più di mille varietà di patate della Bolivia. Tutte derivano spesso da un solo parente silvestre. Purtroppo, soprattutto negli ultimi decenni, questa agrobiodiversità si é sempre piú ridotta. Nei mercati della Bolivia si rinvengono normalmente solo 2 varietà di patate e pur essendo il pomodoro primordiale proveniente dalle stesse aree, sconosciuto in Europa prima della scoperta dell’America, nei luoghi d’origine se ne reperisce solo un limitatissimo assortimento, mentre in un qualsiasi mercato del mezzogiorno italiano é facile trovarne un paio di dozzine di varietà.

Tutto questo enorme patrimonio di milioni di anni di evoluzione della vita sulla Terra, ma anche quello di migliaia di anni di cultura umana, è ora in pericolo. Non una minaccia generica o dubbiosa. Non un pericolo minore o secondario. Nemmeno purtroppo qualcosa di facilmente modificabile. Un pericolo reale, concreto, misurabile e, forse, irreversibile (almeno con i tempi abituali delle generazioni umane).

Qualcuno potrà essere più ottimista. Esistono effettivamente dei segnali, visibili a qualsiasi persona attenta alla natura e all’ambiente, di un miglioramento generale negli ultimi 30 anni riguardo la conservazione della biodiversitá in Italia e in quasi tutta Europa.

Ma non è ovunque così. Non in tutto il mondo almeno.

Non dobbiamo limitarci a pensare alla sfida della biodiversità guardando solo al nostro giardino, al nostro spazio conosciuto. Questa sfida non si affronta, e vince o perde, solo nella nostra terra nota, nelle nostre “comfort zone”. Anzi: si gioca assai più laddove la biodiversità è più cospicua, straordinariamente più ricca di quel frammento della regione biogeografica oloartica che è l’Europa.

Anche se l’abbiamo sentito spesso, si tratta realmente di una sfida globale in cui probabilmente il virtuosismo ambientale di alcuni, per esempio quello europeo, pur lodevole, giocherà solo un ruolo marginale.

*Phoresta pubblica una serie di post sulla biodiversità a cura di Andrea Visinoni, ricercatore associato e specialista in biodiversità del museo di storia naturale Noel Kempff Mercado, dell’Università UAGRM di Santa Cruz de la Sierra- Bolivia.