Il bracconaggio: storia vera di un’ignobile caccia silenziosa

Bracconaggio notturno con armi micidiali
È una notte di un dicembre stranamente caldo.

Una nebbiolina sale dal Crèmera, il torrente in fondo alla valle.
Il bosco ai lati è indistinto nonostante il chiarore della luna.

Due ragazzi fanno a gara a riconoscerei versi dei rapaci notturni. Stanno a pochi passi da una jeep verde scuro, sono Guardiaparco in servizio antibracconaggio. Si muovono senza far rumore, camminando ai margini del bosco; vestiti di verde, sono praticamente invisibili.

A meno di un chilometro il loro capo ha da poco finito di cenare con la famiglia, è affettuoso con la figlia piccola, tranquillizza il cane che abbaia alle presenze nel bosco tutto intorno. Arriva una telefonata sul cellulare di servizio.

I ragazzi giù nel bosco hanno sentito qualcosa, con il visore notturno hanno visto due persone appostate vicino al torrente. Sono in attesa dei cinghiali. I Guardiaparco si avvicinano, i due li percepiscono e lanciano le armi nella boscaglia, ma i Guardiaparco hanno i visori notturni e le individuano; non sono fucili, ma balestre con puntatore laser, micidiali e silenziose.
Per loro è difficile sostenere che facevano una passeggiata o che stavano dietro ad un cavallo fuggito.

Sono due inservienti che lavorano nel ristorante non lontano, dall’altra parte del bosco. Nel menù c’è il cinghiale, sembra
chiaro di quale origine. I due vengono fermati, la balestra andrà ad arricchire l’antologia delle armi usate per la caccia di frodo nel parco.
Per i Guardiaparco si prospetta una lunga notte per gli adempimenti di rito. Sono i giorni che precedono le festività natalizie e le procure sono più sguarnite del solito.
I magistrati di turno danno priorità agli omicidi, e non al semplice e crudele bracconaggio.
I due bracconieri con la balestra sono colpevoli e saranno condannati, il ristoratore che li ha mandati dirà che li conosce appena e li sostituirà con altri due.

Ai Guardiaparco rimangono da prendere tutti gli altri bracconieri, quelli che mandano “dentro” (al parco) i cani e poi sparano a tutto quello che esce; altri che usano la creolina o la nafta per sviare l’olfatto dei cinghiali; ci sono bracconieri che usano i lacci (fili di acciaio che condannano a una morte lenta); e alcuni che fanno la “battuta”.
Tutto questo è realmente accaduto nelle Valli del Sorbo, nel parco di Veio (Roma).